Respinta la richiesta di risarcimento presentata da una donna nei confronti del tour operator che le aveva venduto un pacchetto “all inclusive” a Santorini. Nonostante le lamentele della donna, i Giudici ritengono che il prodotto fornito era conforme a quello indicato nel contratto, lì dove si parlava di piccolo hotel.
Optare per un pacchetto turistico “all inclusive” in un piccolo hotel – pur nella splendida cornice di Santorini – comporta un logico abbassamento delle proprie aspettative da viaggiatore in vacanza. Ciò significa che non può esserci risarcimento se la struttura alberghiera offre precarie condizioni igieniche e si trova distante dal mare (Cassazione, ordinanza n. 11758/20, sezione sesta civile, depositata il 18 giugno).
Il caso. La vicenda ha origine quando una donna parte per una vacanza a Santorini, dopo avere acquistato un pacchetto turistico da un’agenzia di viaggi. Una volta arrivata in albergo, però, la prima sorpresa negativa: la notevole distanza dal mare. Poi, a soggiorno in corso, la constatazione di quelle che, secondo la donna, sono precarie condizioni igieniche.
Finito il soggiorno, e ultimato il rientro in Italia, scattano le rimostranze contro l’agenzia di viaggi, rimostranze che sfociano poi in un’azione legale finalizzata ad ottenere un ristoro economico per l’insoddisfacente vacanza.
In Tribunale «alla donna viene riconosciuto, a titolo di risarcimento, il costo del pacchetto turistico» con l’aggiunta delle spese «relative al viaggio di ritorno» e a quelle «legali per la fase stragiudiziale». Respinta, invece, la richiesta concernente «il danno da vacanza rovinata».
In appello, invece, i Giudici accolgono il ricorso proposto dall’agenzia che ha venduto il pacchetto turistico “all inclusive” a Santorini alla donna, che viene perciò condannata a restituire il denaro già ricevuto come risarcimento.
Decisiva in secondo grado una semplice constatazione: «il tenore letterale della descrizione del prodotto acquistato, e, in particolare, la locuzione ‘piccolo hotel’» sono sufficienti per ipotizzare «quali potevano essere le aspettative della turista».
Per i giudici, in sostanza, la donna non aveva alcun diritto di lamentarsi, poiché «il prodotto fornito era conforme a quello indicato nel contratto» siglato col tour operator.
La decisione della Suprema Corte. A confermare la beffa per la donna sono i Magistrati della Cassazione. Inutile il ricorso da lei presentato. Impossibile, quindi, anche un minimo ristoro economico per una vacanza che lei ha ritenuto non soddisfacente e non all’altezza dei propri desideri.
Per i giudici del ‘Palazzaccio’ è corretto il ragionamento seguito in appello e centrato, come detto, anche sulla «locuzione ‘piccolo hotel’» e sulle connesse plausibili aspettative della turista.
Priva di peso specifico, poi, la produzione fotografica con cui la donna ha provato a «dimostrare le precarie condizioni» della struttura alberghiera in cui era stata ospitata durante il soggiorno a Santorini.
Su questo fronte i Giudici spiegano che, «una volta acclarato che il prodotto fornito era conforme a quello indicato nel contratto» con l’agenzia di viaggi, non possono essere rilevanti per provare le presunte «pessime condizioni igieniche» dell’hotel le fotografie prive di data prodotte dalla donna. Così come non può essere significativo il richiamo alla «presenza di scarafaggi» e a un fastidioso «fetore».
Manca, in sostanza, «una prova rigorosa e specifica che il danno sia stato conseguenza dell’inadempimento contrattuale del gestore» o «della sua attività».