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SCUOLE MATERNE ED ELEMENTARI, UNC: OCCHIO AI RINCARI

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Secondo un monitoraggio dell’UNC, scuole materne ed elementari segnano quest’anno una tendenza al rialzo dei prezzi. Attenzione anche alla “clausola Covid” per le rette di istituti, corsi e palestre

Sabrina Bergamini

Attenzione al prezzo delle scuole materne ed elementari. Infanzia e istruzione primaria segnano quest’anno una tendenza al rialzo dei prezzi, che in molte città corrono più dell’inflazione. Mentre qualche consumatore che si sarà imbattuto nella “clausola Covid” se lo starà chiedendo: cosa fare se si arriva di nuovo a una chiusura generalizzata a causa della pandemia?

UNC: rincari su scuole materne ed elementari

 

Un passo indietro. L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat dell’inflazione di settembre e ha stilato la classifica delle città e delle regioni che segnano i maggiori rincari annui sulle scuole materne ed elementari. La voce, spiega l’associazione, comprende la scuola dell’infanzia e l’istruzione primaria, pubblica e privata.

La classifica dell’UNC su scuole materne ed elementari dice che i rincari più alti si registrano a Macerata, Cosenza e Belluno. A livello regionale, sopra la media dell’inflazione si collocano Trentino Alto Adige, Calabria, Marche, e ancora Veneto, Emilia Romagna, Sardegna, Liguria e Umbria.

In testa alla classifica delle città più rincarate, spiega l’associazione, c’è Macerata che registra un rialzo record rispetto a settembre 2019 del 13,2%. Al secondo posto Cosenza con un incremento del 10%, al terzo Belluno che segna +8,1% di rincaro annuo. Seguono Venezia al quarto posto, +6,2%, Ascoli Piceno (+6,1%), al sesto Bolzano (+6%), poi Cagliari (+5,8%) e Trento (+4,8%). Nella media nazionale i prezzi della Scuola dell’infanzia e dell’istruzione primaria salgono dell’1,6%.

Scuola, spese e “clausola Covid”

Per l’UNC questo andamento è probabilmente legato alle spese sostenute per i protocolli sanitari, ma finisce per gravare sulle famiglie.

«Un dato presumiamo legato anche all’emergenza Covid e alla necessità di dover rispettare i vari protocolli in materia di distanziamento e sanificazione, ma che purtroppo finisce per gravare sulle famiglie già in difficoltà – spiega Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Se a questo si aggiunge che in molti istituti è spuntata l’illegittima clausola Covid, ossia le famiglie, pena l’esclusione, hanno dovuto firmare un contratto nel quale si impegnano a pagare l’intero anno anche qualora la scuola dovesse chiudere per nuove emergenze sanitarie, il quadro è completo».

Clausola Covid, il punto

La cosiddetta “clausola Covid” nel caso di nuova chiusura delle scuole è da guardare bene. Già all’inizio di settembre l’associazione aveva affrontato la questione facendo riferimento all’esempio di una famiglia che aveva iscritto il figlio al nido. Nel contratto aveva trovato una clausola aggiuntiva inserita per mantenere in capo alle famiglie l’obbligo di versare la retta, anche in caso di chiusura imposta da eventi esterni come è il caso di una pandemia.

L’associazione racconta di aver ricevuto segnalazioni di casi analoghi che vanno oltre l’ambiente scolastico e arrivano da utenti di palestre, scuole musica, corsi di lingua o scuole di cucina. Queste clausole sono, ha spiegato Dona, «esoneri di responsabilità contra legem, perché confliggono con lo schema dell’impossibilità sopravvenuta». Si configurano insomma come clausole vessatorie.

«Eventuali clausole Covid, di esonero della responsabilità della scuola in caso di nuova chiusura dell’istituto, sono nulle. In caso di necessità quelle clausole non sono applicabili nei confronti dei consumatori. Non ha senso dal punto di vista giuridico imporre al consumatore di continuare a pagare se questo servizio per ordine dell’autorità non può essere fornito».