Come risolvere eventuali controversie sorte a seguito del lockdown tra proprietario e conduttore al fine di salvaguardare il rapporto contrattuale. La sentenza del tribunale di Venezia
Covid e contratti di locazione
A seguito della diffusione del Covid – 19 e del successivo lockdown, molti contratti di locazione aventi ad oggetto immobili ad uso non abitativo sono stati oggetto di controversie per il mancato pagamento dei canoni.
Per cercare di arginare tale fenomeno il legislatore ha emanato una serie di norme volte a tutelare la parte più debole del sinallagma contrattuale, molto spesso, però, tale legislazione emergenziale ha solo creato ulteriori dubbi rendendo comunque necessaria l’applicazione della normativa speciale in materia e di quella codicistica.
In particolare giova richiamare gli artt. 65 e 91 del D.L. Cura Italia (n. 18 del 17 marzo 2020); il primo richiama solo degli aspetti tributari prevedendo un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione corrisposto per il mese di marzo 2020, ciò presuppone, tuttavia, l’esatto adempimento degli obblighi contrattuali da parte del conduttore; la seconda, invece, è una norma di portata generale che fornisce una tutela a eventuali debitori di rapporti di diritto privato (tra cui anche i conduttori), in quanto dispone che il rispetto delle norme per il contenimento della diffusione del virus deve essere sempre valutato, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 del cc, ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore relativamente ai ritardi e/od omessi adempimenti.
Le norme applicabili
E’ chiaro, quindi, come le uniche norme applicabili, che concretamente contemperino gli interessi economici sia del locatore che del conduttore, siano quelle contenute nella legislazione speciale in materia di locazioni e quelle del codice civile.
Alla luce della nota situazione emergenziale che ha messo in ginocchio numerose attività, un primo rimedio potrebbe essere quello del recesso del conduttore per gravi motivi (art. 27 legge 392/78); a ben vedere, però, tale rimedio prevede un preavviso di sei mesi, che metterebbe il conduttore nella condizione di dover comunque pagare le sei mensilità di preavviso.
Altro rimedio potrebbe essere l’impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1256 c.c.) ma anche in questo caso va sottolineato come il primo comma disciplini l’impossibilità definitiva – è chiaro che la situazione che stiamo vivendo prima o poi avrà fine – e il secondo comma l’impossibilità temporanea che ha il sol scopo di differire l’adempimento, pertanto, anche in questo caso il conduttore non avrebbe un efficace rimedio.
Ultimo rimedio è quello dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 del codice civile) che potrebbe ritornare utile al conduttore solo se quest’ultimo fosse interessato a una risoluzione del contratto e non alla conservazione dello stesso.
Tutti i rimedi sinora analizzati, tuttavia, non tutelano il conduttore che, salvo casi particolari, ha l’interesse di mantenere in vita il contratto di locazione, obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso il rispetto del principio di buona fede e correttezza che devono sempre ispirare le parti di un contratto.
La decisione del tribunale di Venezia
A tal proposito è molto interessante l’ordinanza del 2 ottobre 2020 del Tribunale di Venezia (sotto allegata) che, dopo aver rilevato l’interesse del conduttore a rimanere legato al contratto e l’opportunità di un accordo sulla riduzione del canone per il periodo del lockdown, ritenendo applicabile al caso di specie l’art. 1464 c.c. sull’impossibilità parziale, e dopo aver ammonito parte intimante per il mancato rispetto del principio solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione (richiamato anche nella relazione tematica n. 56 dell’8 luglio 2020 della Cassazione) in relazione ai tempi della notifica dello sfratto, rigettava l’istanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., trovando così il giusto compromesso tra gli interessi del conduttore e quelli del locatore.