Amnesty International ha presentato il Rapporto “Abbandonati”, in cui analizza violazioni e mancata tutela del diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione dei pazienti anziani, rilevate all’interno delle Rsa durante l’emergenza sanitaria
“Abbandonati”, così Amnesty International definisce gli anziani che hanno perso la vita all’interno delle strutture di residenza sociosanitarie e socioassistenziali in Italia, migliaia dall’inizio della pandemia. E questo è anche il titolo del Rapporto in cui Amnesty analizza le criticità emerse nella gestione dell’emergenza sanitaria all’interno delle Rsa.
Attraverso oltre 80 interviste, realizzate tra personale sanitario e familiari degli ospiti delle strutture, rappresentanti di organizzazioni del settore e sindacalisti, esperti e giornalisti, Amnesty ha rilevato in queste strutture “violazioni e mancata tutela del diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione dei pazienti anziani da parte delle istituzioni, a livello nazionale, regionale e locale”. Lo studio si è concentrato in particolar modo sulle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
Rsa, le rilevazioni di Amnesty International
Il rapporto di Amnesty International Italia contiene numerose testimonianze di operatori sanitari e di familiari dei pazienti anziani delle strutture, che hanno riferito “dell’impossibilità o dei gravi ostacoli incontrati nel tentativo di far ospedalizzare gli ospiti con Covid-19 o con sintomi simil-influenzali”.
“In particolare – spiega Amnesty – in Lombardia gli ospiti over 75 in tali condizioni di salute sono stati oggetto di una delibera regionale che stabiliva come opportuno continuare a prestare cure e assistenza presso le strutture sociosanitarie e socioassistenziali dove risiedevano, limitandone di fatto le possibilità di accesso ai presidi ospedalieri. In assenza di valutazioni cliniche individuali volte a individuare la migliore soluzione per ogni paziente, questo ha comportato la mancata tutela del diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione”.
Nelle Rsa di Milano, secondo l’Ats, – si legge nel Rapporto – l’eccesso di decessi tra i pazienti over 70 tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2020 (rispetto alla media 2016-2019) è di +2574 (+118%), quasi tutti riconducibili all’arco temporale che va dal 1° marzo al 30 aprile. In questo periodo l’eccesso stimato è 270%. A Bergamo, secondo i dati forniti dall’Ats di Bergamo, i decessi registrati nelle Rsa sono aumentati del 127% nel primo semestre del 2020. Circoscrivendo al solo mese di marzo, nel quale è stata registrata la maggior parte dei decessi (1308 su 2255), l’aumento è del 702%.
In Emilia-Romagna sono 1032 i residenti di strutture per anziani deceduti entro il 3 giugno con COVID-19, ossia il 25% dei 4081 decessi con COVID-19 nella regione tra gennaio e maggio 2020. Mentre in Veneto, 1120 residenti di strutture sociosanitarie residenziali per anziani sono deceduti con COVID-19 tra il 20 febbraio e il 10 novembre, ossia il 42% dei 2643 decessi con COVID-19 registrati nella regione fino a quel momento. Inoltre, secondo i dati dell’Istat, 1839 persone sono decedute con COVID-19 nelle strutture sociosanitarie per anziani nella regione Veneto nel periodo gennaio-maggio.
“L’Italia non è riuscita a reagire in modo tempestivo al dilagare di decessi correlati al COVID-19 nelle strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali per persone anziane – scrive Amnesty nel Rapporto. – Misure di protezione fondamentali (quali restrizioni alle visite, procedure di controllo delle infezioni, esecuzione di tamponi su ospiti e personale di strutture residenziali sociosanitarie per persone anziane) non sono state adottate affatto oppure non lo sono state nella misura necessaria, se non quando il virus era già diffuso in maniera incontrollabile”.
Assenza di DPI e tamponi carenti
L’assenza di tamponi e la carenza di Dpi sono stati individuati come le principali sfide affrontate praticamente da tutto il personale operativo e dirigenziale delle strutture residenziali sociosanitarie per persone anziane che Amnesty International ha intervistato.
“Combattevamo il fuoco senza estintori e con le mani legate dietro la schiena”, ha dichiarato il responsabile di una struttura residenziale sociosanitaria per persone anziane.
Secondo le testimonianze raccolte da Amnesty International tra il personale e i responsabili delle strutture, “al culmine della pandemia, verso fine febbraio e per tutto il mese di marzo, le strutture residenziali sociosanitarie per persone anziane hanno avuto scarso accesso ai Dpi e le indicazioni che ricevevano dalle autorità sanitarie erano poche, tardive e contraddittorie”.
Ad aggravare la situazione, la carenza di personale, prosegue Amnesty, anche per via dall’alto numero di operatori sanitari in malattia e dai reclutamenti straordinari dei presidi ospedalieri. Mancanza che “ha comportato un grave abbassamento del livello di qualità dell’assistenza e della cura degli ospiti e ha fatto sì che si realizzassero condizioni di lavoro terribili per gli operatori stessi, sottoposti a un grave stress fisico e psicologico e che fossero sovraesposti al rischio di contagio”.
Rsa, le raccomandazioni di Amnesty International
Pieno accesso a tamponi frequenti e regolari per ospiti, personale sanitario e visitatori, fornitura adeguata di DPI alle strutture, valutazione della capacità delle strutture nel fornire un’adeguata prevenzione e controllo delle infezioni, accesso pieno e paritario agli ospedali e ai servizi sanitari per i residenti delle strutture, comunicazione regolare tra i residenti e le proprie famiglie. Sono alcune delle richieste che Amnesty International rivolge al Ministero della Salute, alla luce dei dati drammatici emersi dall’indagine.
Ed auspica, inoltre, che sia condotta un’inchiesta pubblica totalmente indipendente, “per esaminare in profondità la preparazione generale e la risposta alla pandemia per quanto riguarda i presidi residenziali sociosanitari e socioassistenziali per persone anziane”.