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PERMESSI LEGGE 104 E PART-TIME: COSA CAMBIA?

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Gabriella Lax 

L’Inps ha fornito nuove istruzioni in relazione alla durata dei giorni in caso di lavoro part time di tipo verticale o misto con attività lavorativa superiore al 50% dell’orario a tempo pieno

Permessi 104, le nuove istruzioni dell’Inps

Arrivano nuove istruzioni in relazione al riproporzionamento della durata dei giorni di permesso della “Legge 104” nei casi di lavoro part time di tipo verticale o misto con attività lavorativa superiore al 50% dell’orario a tempo pieno anche a seguito dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi da parte della Corte di Cassazione e dei chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. a fornirle è l’Inps con la circolare n. 45 del 19 marzo 2021.

 

Permessi 104, l’orientamento della giurisprudenza

È stata la sezione lavoro della Cassazione, con le sentenze del 29 settembre 2017, n. 22925 e del 20 febbraio 2018, n. 4069, a fornire una differenziazione tra gli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa per i quali è ammesso il riproporzionamento del trattamento e invece gli istituti riconducibili a un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa. Tra questi ultimi i permessi ex articolo. 33 della L. n. 104/1992, i quali, oltretutto, costituiscono misure di tutela della salute psico-fisica della persona disabile. Da ciò ne consegue che il diritto ad usufruire dei permessi non è comprimibile.

Per la Suprema Corte serve una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, in particolare di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part-time e, nello specifico, del rapporto di lavoro parziale di tipo verticale.

In coerenza con tale criterio, valutate le opposte esigenze, appare ragionevole – specifica la Suprema Corte – distinguere l’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part-time sia articolata con un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori. Solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l’esigenza di effettività di tutela del disabile, occorre riconoscere il diritto alla integrale fruizione dei permessi.

Permessi 104, i chiarimenti del Ministero del Lavoro

A ciò si aggiunga che il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha chiarito che i principi enunciati dalla giurisprudenza con riferimento al D.lgs n. 61/2000 sono applicabili anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs n. 81/2015. L’articolo 7, comma 2, conserva infatti la distinzione tra “diritti” e “trattamento economico e normativo”.

Rimane fermo il nucleo dei “diritti” a connotazione non strettamente patrimoniale – tra cui il diritto ai permessi – che vanno salvaguardati dalla riduzione connessa alla minore durata della prestazione lavorativa.

Ed è il ministero a precisare che i permessi riconosciuti dalla legge n. 104/1992 possono essere annoverati tra i suddetti diritti. tutto questo in considerazione del fatto che i medesimi sono volti ad assicurare la continuità nelle cure e nell’assistenza del familiare disabile e la rilevanza degli interessi di rilievo costituzionale tutelati.

Lo stesso ministero, in conclusione, precisa che la ratio del D.lgs n. 81/2015 non è quella di modificare in modo sostanziale la disciplina del part-time, ma ricomprendere in un unico testo normativo la disciplina organica dei diversi contratti di lavoro. Conseguentemente, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha invitato l’Istituto ad adeguare le indicazioni fornite con il messaggio n. 3114/2018 a quanto stabilito dalla recente giurisprudenza della Corte di Cassazione.