La maggior parte delle uova prodotte è destinata al consumo alimentare diretto. Una parte non trascurabile delle uova trova un uso industriale per ottenere diversi prodotti come il lisozima o gli ovoprodotti che trovano utilizzazione da parte dell’industria alimentare e/o dagli artigiani per la produzione di vari prodotti da forno, paste, dolci, ecc. Ci sono poi le uova per la riproduzione destinate ai “covatoi” da cui si ottengono i pulcini da introdurre negli allevamenti sia delle galline ovaiole, sia dei polli da carne.
Tutte queste uova sono prodotte in allevamenti “industriali” dove si seguono rigidi disciplinari finalizzati a ottenere prodotti privi di rischi chimici, fisici e microbiologici.
Per raggiungere questi obiettivi è di fondamentale importanza che gli animali godano di un ottimo stato di salute; determinante è il monitoraggio sanitario veterinario continuo delle galline per accertare l’assenza di microrganismi patogeni come ad esempio le salmonelle.
Nelle altre forme di allevamento (bovini, suini, ecc.) nei casi in cui si verificano delle malattie si ricorre a terapie mirate sotto stretto controllo veterinario. Tale pratica che tutela anche la salute e il benessere degli animali, è possibile perché prima di macellare gli animali si aspetta che i farmaci siano completamente “smaltiti”.
La “formazione” dell’uovo nelle galline avviene in diversi giorni e l’eventuale “smaltimento” dei residui di farmaci richiede tempi prolungati; di conseguenza bisognerebbe distruggere le uova prodotte per diversi giorni. Considerando che eventuali trattamenti terapeutici dovrebbero essere fatti su tutti gli animali, ne deriverebbe la necessità di distruggere quantità imponenti di uova.
Allora si preferisce eliminare tutte le galline presenti negli allevamenti infetti, bonificare adeguatamente i ricoveri e introdurre nuove pollastre.
Esistono anche allevamenti “rurali” costituiti da qualche decina di animali in cui le uova prodotte sono destinate quasi esclusivamente al consumo alimentare diretto e generalmente sono distribuite nei piccoli circuiti commerciali locali. In questi casi il controllo sanitario è generalmente meno rigoroso e dipende in gran parte dalla sensibilità degli allevatori; la “sicurezza” delle uova potrebbe essere maggiormente a rischio.
Marchiatura.
Le uova che troviamo in commercio sono “etichettate” con una stampigliatura che descrive l’origine, la data di produzione, il tipo di allevamento, le qualità merceologiche e fornisce ottime garanzie al consumatore.
Sono esentate dal marchio le uova prodotte dai piccoli allevamenti rurali e che in pratica sono cedute direttamente dal produttore al consumatore. In questi casi è molto importante il rapporto di fiducia tra venditore e acquirente.
Sono anche esentati dall’obbligo di “marchiatura” le uova che passano direttamente dagli allevamenti agli impianti che lavorano le uova per ottenere i derivati di cui sopra si è accennato.
Nonostante che il nostro Paese sia praticamente autosufficiente nella produzione delle uova, una certa quantità viene importata dai centri di imballaggio. Può accadere che arrivino senza nessuna marchiatura e che, magari, vengano “marchiate” in modo improprio trasformando in italiane le uova di importazione.
In questi casi, indipendentemente dalla frode che danneggia gli interessi dei produttori italiani, c’è un aspetto sanitario non trascurabile. Potrebbe infatti trattarsi di uova ottenute da galline allevate senza rispettare le rigorose norme italiane con il pericolo che siano contaminate. Se dovesse verificarsi qualche danno ai consumatori sarebbe più difficile risalire all’origine dell’allevamento e adottare le necessarie misure sanitarie.
La soluzione più semplice e condivisibile è quella proposta dalla Commissione Agricoltura della Camera di consentire la marchiatura delle uova soltanto nell’interno degli allevamenti garantendo ai consumatori l’origine e soprattutto la sicurezza.
Ovviamente ciò non preclude il consumo delle uova di importazione, purché sia chiara la loro origine.
Resterebbero escluse le uova degli allevamenti con un numero limitato di galline (50 – 100), ma in questi casi, come accennato, è di fondamentale importanza il rapporto tra produttore e consumatore.