La denuncia di Oxfam: i bambini nati in famiglie povere hanno 7 volte meno probabilità di terminare la scuola rispetto a chi è nato in famiglie ricche
Più si è poveri, più si abbandona prima la scuola. L’educazione è una leva che serve a sconfiggere le disuguaglianze, ma l’assenza di investimenti in istruzione pubblica e gratuita riproduce invece le differenze sociali. E così nel mondo i bambini nati in famiglie povere hanno sette volte meno probabilità di finire la scuola rispetto ai bambini ricchi. Insomma: lasciano prima.
Accade per milioni di bambini in tutto il mondo. Accade soprattutto nei paesi più poveri. Ma accade anche nelle società più ricche, perché l’abbandono e la dispersione scolastica sono maggiori fra i bambini e i ragazzi che nascono da famiglie con un reddito basso. La scala sociale rimane, quindi, ferma.
L’allarme viene da Oxfam e fotografa un mondo spaccato in due in cui «la grande disuguaglianza di accesso alla scuola nei paesi più poveri condiziona il futuro di intere generazioni».
I bambini poveri lasciano prima la scuola
La denuncia è forte.
«In un mondo sempre più disuguale sono le nuove generazioni a pagare il prezzo più alto in termini di opportunità, soprattutto nei paesi in via di sviluppo – dice Oxfam – In media i bambini nati in famiglie povere hanno infatti 7 volte meno probabilità di terminare la scuola rispetto ai loro coetanei nati in famiglie ricche o benestanti».
Vittime sono milioni di bambini e bambine in tutto il mondo, che scontano il reddito e la ricchezza della famiglia di appartenenza. La disparità nell’accesso a scuola e all’istruzione dipendono da investimenti inadeguati nell’istruzione pubblica e gratuita, spiega Oxfam, e che quando ci sono vanno a beneficio delle classi più ricche.
In Pakistan, uno dei paesi con una bassissima spesa pubblica per l’istruzione, oltre 24 milioni di bambini non vanno a scuola. In paesi come il Malawi, il Burkina Faso, il Madagascar, il Lesotho e il Senegal, più della metà della spesa in istruzione stanziata dai rispettivi governi va a beneficio del 10% più ricco della popolazione, mentre nel mondo (stime Unesco) oltre 330 milioni di bambini, pur andando a scuola, non riescono a sviluppare competenze di base minime.
Disuguaglianze anche nei paesi ricchi
Attenzione però: la disuguaglianza e la mancanza di pari opportunità legate alla ricchezza della famiglia si riproducono anche nei paesi più ricchi.
«Una disuguaglianza che non risparmia neppure chi ha avuto la fortuna di nascere nei paesi più ricchi, – dice infatti Oxfam – dove solo il 75% dei ragazzi nati in famiglie con reddito basso termina le superiori contro il 90% dei figli delle famiglie più ricche».
Italia, alta dispersione scolastica
E l’Italia? Si segnala per gli alti tassi di dispersione scolastica, fra i più elevati d’Europa. La dispersione scolastica ha ripreso a crescere ed è maggiore nelle aree più povere del Mezzogiorno. L’abbandono precoce degli studi in Italia è aumentato nell’anno scolastico 2017/2018, con il 14,5% dei ragazzi tra 15 e i 24 anni in possesso della sola licenza media. Ci sono differenze regionali: si va da una dispersione dell’11,7% nel nord-ovest a una percentuale del 18,5% al Sud.
L’Italia è il quarto paese per abbandoni precoci in Europa, dopo Malta, Spagna e Romania, ben al di sopra della media europea del 10%.
Da rimarcare il fatto che, di fronte a tutto questo, in Italia da alcuni anni c’è uno dei più bassi investimenti in istruzione in rapporto al Pil: secondo il rapporto Asvis 2018, l’Italia investe appena il 4% del Pil in educazione rispetto alla media europea del 4,9% e, in termini di quota sulla spesa pubblica, l’Italia è passata dal 9,1% del 2008 al 7,9% del 2015, a fronte di valori del 9,6% della Germania e della Francia e del 9,3% della Spagna.
In Italia il 26% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 29 anni (e addirittura il 37% delle ragazze tra i 25 e i 29 anni) non studia e non lavora, rispetto a una media del 13% dei paesi dell’area Ocse.
L’appello: scuola pubblica, di qualità, gratuita
Oxfam lancia dunque un appello perché i governi investano in istruzione pubblica, di qualità e gratuita per tutti i bambini, alla quale sia destinata almeno il 6% del Pil, finanziata nei paesi a basso e medio reddito attraverso sistemi fiscali più equi.
«I governi mettono a repentaglio il futuro dei bambini di tutto il mondo non investendo in un’istruzione pubblica di qualità gratuita – ha detto Areta Sobieraj, responsabile dell’ufficio educazione di Oxfam Italia – Ogni bambino dovrebbe avere le stesse possibilità di realizzare il proprio potenziale, non solo chi ha genitori che possono permettersi di pagare».
«Tantissimi ragazzi e ragazze partono svantaggiati nei paesi poveri perché devono fare i conti con la malnutrizione cronica, che pregiudica il loro sviluppo e la loro capacità di studiare, mentre la spesa pubblica per l’istruzione si concentra nelle aree ricche a discapito di quelle povere, dove le scuole sono sovraffollate, prive di insegnanti qualificati, libri scolastici e anche semplicemente di servizi igienici – prosegue la responsabile Oxfam – L’investimento in istruzione pubblica di qualità ha dimostrato invece di essere la leva più efficace per ridurre le disuguaglianze e costruire società più eque che sfruttano al massimo i talenti e il potenziale di tutti i bambini».