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BIO: I SOLDI PUBBLICI IN AGRICOLTURA SOSTENGONO USO DEI PESTICIDI

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I soldi pubblici in agricoltura sostengono l’uso dei pesticidi. E al biologico, che copre quasi il 15% delle superfici agricole italiane, va meno del 3% dei finanziamenti europei e nazionali. In pratica sui campi “chi inquina viene pagato”. Questa la denuncia che arriva dal Rapporto “Cambia la Terra. Così l’agricoltura convenzionale inquina l’economia (oltre che il Pianeta)” presentato sabato alla Festa del BIO che si tiene a Bologna in occasione del SANA, la fiera del biologico italiano.

 

Cambia la terra – No ai pesticidi, sì al biologico è un progetto di informazione e sensibilizzazione voluto da FederBio con Isde- Medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu e WWF. Denuncia che all’agricoltura che usa pesticidi, diserbanti e fertilizzanti sintetici va la quasi totalità delle sovvenzioni: la politica agricola comunitaria sovvenziona per il 97,7% l’agricoltura convenzionale, e se si aggiungono i fondi italiani si ottiene che al biologico, che rappresenta il 14,5% della superficie agricola coltivata del nostro Paese, va il 2,9% delle risorse. “Anche senza tirare in causa i costi consistenti che l’utilizzo della chimica di sintesi e quindi l’inquinamento provocano sulla nostra salute e su quella dell’ambiente – dicono i promotori del Rapporto – è evidente che si tratta di una palese inversione della regola “chi inquina paga”“.

Secondo il Rapporto “la maggior parte delle risorse destinate all’agricoltura viene ancora usata per finanziare il modello agricolo basato sull’uso di concimi e pesticidi di sintesi chimica. In percentuale le risorse dedicate all’agricoltura biologica, seppure in crescita rispetto al passato, sono inferiori alla media che spetterebbe al settore in base alla Superficie Agricola Utilizzata (SAU) biologica. Per i dati elaborati dall’Ufficio studi della Camera dei deputati, su 41,5 miliardi di euro destinati all’Italia, all’agricoltura biologica vanno appena 963 milioni di euro. In altri termini, il bio – che rappresenta il 14,5% della superficie agricola utilizzabile – riceve il 2,3% delle risorse europee: anche solo in termini puramente aritmetici, senza calcolare il contributo del biologico alla difesa dell’ambiente e della salute, circa sei volte meno di quanto che gli spetterebbe. Se ai dati dei fondi europei si aggiunge il cofinanziamento nazionale per l’agricoltura, pari a circa 21 miliardi, il risultato rimane praticamente invariato: su un totale di fondi europei e italiani di circa 62,5 miliardi, la parte che va al biologico è di 1,8 miliardi, il 2,9% delle risorse”.

“In altre parole – ha detto Maria Grazia Mammuccini di FederBio – gli italiani e gli europei in generale pagano per sostenere pratiche agricole che alla fine si ritorcono contro l’ambiente e contro la loro salute, a partire da quella degli agricoltori stessi. Inoltre, non è il modello agricolo ad alto impatto ambientale a farsi carico della tutela degli ecosistemi con cui interagisce, ma sono gli operatori del biologico a sopportare i costi prodotti dall’inquinamento causato dalla chimica di sintesi: il costo della certificazione; il costo della burocrazia (ancora più alto che per gli agricoltori convenzionali); il costo della maggiore quantità di lavoro necessaria a produrre in maniera efficace e a proteggere il raccolto dai parassiti , senza ricorso a concimi di sintesi e diserbanti; il costo della fascia di rispetto tra campi convenzionali e campi biologici”.

Le ripercussioni sul piano sanitario sono notevoli. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo si contano oltre 26 milioni di casi di avvelenamento da pesticidi all’anno e 258.000 decessi. In pratica 71.232 persone ogni giorno restano intossicate in maniera acuta dai pesticidi e 706 persone muoiono (Prüss et al., 2011). L’agricoltura industrializzata che usa chimica di sintesi è sia imputata sia vittima del cambiamento climatico: secondo un rapporto dell’IPCC, il panel di esperti ONU, le anomalie climatiche potranno provocare una riduzione della produttività agricola su scala globale compresa tra il 9 e il 21%, da qui al 2050, mentre l’agricoltura viene ritenuta responsabile dell’11% delle emissioni di gas serra a livello globale.

“È ormai un fatto appurato che l’agricoltura biologica è un importante strumento per la lotta ai cambiamenti climatici, dato il ruolo fondamentale che riveste nel sequestrare anidride carbonica dall’ambiente e nel restituire la fertilità ai suoli combattendo attivamente fenomeni come la desertificazione, l’erosione dei suoli e l’effetto serra – commenta il presidente di EcorNaturasì Fabio Brescacin, uno delle aziende che ha sostenuto il rapporto – Occorre ribadire con forza, soprattutto nel momento in cui il biologico conosce un grande successo di mercato rischiando di perdere per strada alcuni valori, che uno dei primi obiettivi di questa agricoltura è quello di ridare fertilità alla terra, con pratiche e interventi accorti. Sui campi dove non si usa la chimica occorre più lavoro e più impegno: è per questo che la politica della nostra azienda è sempre stato quella di cercare di remunerare giustamente gli agricoltori. A noi – continua il presidente di EcorNaturaSì – non importa rivendicare e prendere più fondi europei o nazionali rispetto a quelli attuali. Quello che ci colpisce, però, è che questo sistema premia l’agricoltura che avvelena la terra e la impoverisce. Occorre almeno che si interrompa il flusso di incentivi all’inquinamento, che rende gli agricoltori italiani ed europei vittime di un meccanismo perverso”.