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PESTICIDI: PEPERONI E FRAGOLE, IL PERICOLO SI CHIAMA MULTIRESIDUO

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Il problema non sono i campioni alimentari fuorilegge, che si fermano all’1,3%. Forse neanche quel peperone di origine cinese che raggiunge il record di 25 residui di pesticidi. Quello che preoccupa nell’analisi dei residui di pesticidi presenti nell’agricoltura sono quei campioni perfettamente regolari secondo la legge ma che hanno più residui di fungicidi e insetticidi. Legambiente ha presentato oggi il dossier Stop Pesticidi da cui emerge che il 34% dei campioni di alimenti è regolare ma presenta uno o più residui di pesticidi. Oltre sei campioni su dieci sono privi di residui, ma il 18,4% risulta regolare e multiresiduo, il 14,7% regolare e monoresiduo.

 

La compresenza di più residui di pesticidi nello stesso campione alimentare non è irregolare secondo le norme attuali, spiega l’associazione, anche se le interazioni di più principi attivi nel corpo umano possono avere effetti aggiuntivi o sinergici. Dall’analisi complessiva emerge che il 40% dei campioni di frutta è multiresiduo, e lo è il 15% dei campioni di verdura.

“Boscalid, Chlorpyrifos, Fludioxonil, Metalaxil, Imidacloprid, Captan, Cyprodinil sono i pesticidi più diffusi negli alimenti campionati in Italia – spiega Legambiente – Fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura. Se li conosci, sei libero di evitarli? Forse no. Perché non si vedono e non si sentono, ma troppo spesso sono lì, nonostante il nostro Paese abbia adottato un Piano d’Azione Nazionale che mira a una sensibile riduzione del rischio associato ai pesticidi per la tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente”. Il dossier Stop Pesticidi racconta come il 61% dei campioni analizzati risulti regolare e privo di residui di pesticidi. Sicuramente un dato positivo. Preoccupano non tanto i campioni fuorilegge, che non superano l’1,3% del totale, quanto quel 34% di campioni regolari che complessivamente presentano uno o più residui di pesticidi.

Il problema di fondo, spiega l’associazione che ha presentato oggi il dossier al convegno Agricoltura libera da pesticidi organizzato in collaborazione con Alce Nero, “è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano. Il multiresiduo è più frequente del monoresiduo: è stato ritrovato nel 18% del totale dei campioni analizzati, rispetto al 15% dei campioni con un solo residuo.”

La presenza di più residui di pesticidi riguarda soprattutto la frutta. È privo infatti di residui di pesticidi solo il 36% dei campioni analizzati, mentre l’1,7% è irregolare e oltre il 60%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più di un residuo chimico. Al top in questa classifica ci sono soprattutto pere, uva da tavola, pesche: il 64% delle pere, il 61% dell’uva da tavola e il 57% delle pesche sono campioni regolari con multiresiduo. Le fragole vantano un 54% di campioni regolari con multiresiduo e una percentuale del 3% di irregolarità. E ci sono alcuni campioni di fragole italiane che hanno fino a 9 residui contemporaneamente.

La verdura registra dati contraddittori: il 64% dei campioni risulta senza alcun residuo ma ci sono prodotti che spiccano per irregolarità, che interessa l’8% dei peperoni, il 5% degli ortaggi da fusto e oltre il 2% dei legumi, con percentuali molto superiori rispetto alla media degli irregolari per gli ortaggi (1,8%). Alcuni campioni di pomodoro provenienti da Sicilia e Lazio presentano fino a 6 residui simultaneamente, e un campione di lattuga proveniente dal Lazio addirittura 8. Quest’anno il record del multiresiduo se lo aggiudica un campione di peperone di provenienza cinese, con 25 residui di pesticidi.

Fra i prodotti di origine animale si segnalano poi  11 campioni di uova italiane (il 5% del totale campionato) che risultano contaminate dall’insetticida fipronil.

Le sostanze più presenti nei campioni analizzati sono in ordine il boscalid, il chlorpyrifos e il fludioxonil. Al quarto e quinto posto ci sono il metalaxil e il captan, entrambi fungicidi, mentre in sesta posizione l’imidacloprid, insetticida neonicotinoide di cui, per tutelare gli impollinatori, è entrato in vigore il divieto di utilizzo a partire dal 2019.

In generale, nel confronto tra i campioni esteri e italiani, quelli a presentare più irregolarità e residui sono quelli esteri: sono irregolari infatti il 3,9% dei campioni esteri rispetto allo 0,5% di quelli nazionali, e presenta almeno un residuo il 33% dei campioni di provenienza estera rispetto al 28% di quelli italiani. Anche nei campioni di provenienza estera è la frutta la categoria in cui si osserva la percentuale più alta di residui: il 61% di tali campioni di frutta presenta almeno un residuo. Tra gli ortaggi, il 51% dei pomodori e il 70% dei peperoni esteri contengono almeno un residuo. Sul fronte dell’agricoltura biologica, i 134 campioni analizzati risultano regolari e senza residui, ad eccezione di un solo campione di pere, di cui non si conosce l’origine, che risulta irregolare per la presenza di fluopicolide.

In Italia, la percentuale di prodotti irregolari è passata dall’1% del 2007 all’1,3% del 2017, una leggera crescita, in linea con la percentuale europea di campioni irregolari, che l’Efsa stima nell’1,5% del totale. La media dei campioni analizzati in Italia nell’ultimo decennio, risultati regolari senza residuo è del 63% a fronte di una media europea del 54%. Fare un confronto sul multiresiduo, ricorda Legambiente, rimane impossibile, perché Efsa non fa ancora la distinzione tra campioni regolari con un solo residuo e campioni con più residui.

“Solo una modesta quantità del pesticida irrorato in campo raggiunge in genere l’organismo bersaglio. Tutto il resto si disperde nell’aria, nell’acqua e nel suolo, con conseguenze che dipendono anche dal modo e dai tempi con cui le molecole si degradano dopo l’applicazione – dice il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti -. Le conseguenze si esplicano nel rischio di inquinamento delle falde acquifere e nel possibile impoverimento di biodiversità vegetale e animale. Effetti ai quali ancora oggi non si dà il giusto peso, nonostante numerosi studi scientifici abbiano dimostrato le conseguenze che l’uso non sostenibile dei pesticidi produce sulla biodiversità e sul suolo. Per questo auspichiamo che il futuro Piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile dei pesticidi preveda obiettivi ambiziosi e tempi rapidi per la loro riduzione; il rafforzamento del sistema dei controlli sugli alimenti e l’adozione di misure a tutela della salute delle persone”.