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MASCHERINA CONTRO IL CORONAVIRUS, COM’È FATTA QUELLA CHE PROTEGGE DAVVERO

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Ormai introvabile da giorni, gli italiani hanno studiato e messo in pratica le soluzioni più disparate per sostituire la mascherina. Ma proteggono davvero?

Elena Leoparco

C’era una volta la mascherina per proteggersi dal virus. C’era, appunto, perché da tempo ormai in farmacia non se ne trovano più e sul web i prezzi hanno subito incrementi tali da richiedere l’intervento dell’Autorità Antitrust.

 

E allora, in questi lunghi giorni di quarantena, dovendo comunque uscire almeno una volta a settimana per le necessità della casa (spesa alimentare e farmacia), gli italiani hanno studiato e messo in pratica le soluzioni più disparate per sostituire i dispositivi di protezione individuale: carta forno, garze e pellicola da cucina, addirittura c’è la variante con coppa del reggiseno o assorbente intimo. E per chi ha dimestichezza con ago e filo, YouTube offre tantissimi i video tutorial per confezionare una mascherina.

Ma potersi garantire un certo livello di protezione c’è bisogno di sapere qualcosa in più. Questi dispositivi “fai da te”, oltre a dimostrare (semmai ce ne fosse bisogno) l’infinita fantasia e arte di arrangiarsi di cui siamo capaci, potrebbero infatti non essere sufficienti a ripararci in modo efficace dal contagio.

In un approfondimento pubblicato su Ansa Scienza, Claudio Galbiati, presidente della sezione Safety di Assosistema, spiega quali caratteristiche devono avere le mascherine per essere davvero efficaci.

Mascherina fai-da-te

Le mascherine fai-da-te “non ci proteggono dal Coronavirus, ma possono fungere da barriera verso l’esterno per evitare che chi le indossa diffonda il contagio: in un certo senso imitano le mascherine chirurgiche, ma hanno una funzionalità molto più limitata perché non aderiscono bene al volto e l’aria passa facilmente dai bordi”, afferma l’esperto.

Mascherina chirurgiche

Le mascherine chirurgiche sono formate da 2 o 3 strati di tessuto non tessuto (in fibre di poliestere o polipropilene) che filtrano l’aria in uscita e proteggono da schizzi di liquido, come la saliva emessa con tosse o starnuti.

Allo stesso modo, prosegue Galbiati, “le mascherine fai-da-te dovrebbero avere uno strato impermeabile e più strati filtranti di tessuto non tessuto, fatti ad esempio con compresse di garza”.

Mascherina Ffp2 e Ffp3

Tutt’altra efficacia per le mascherine Ffp2 e Ffp3 destinate al personale sanitario. “Sono realizzate con tre strati di tessuto non tessuto a diversa densità”, precisa l’esperto. “Lo strato esterno protegge dallo sporco più grossolano, lo strato intermedio filtra mentre quello interno dà forma alla maschera e protegge il filtro dall’umidità del respiro”.

Lo strato filtrante “ha innanzitutto un effetto meccanico, perché rende tortuoso il passaggio dell’aria bloccando l’ingresso delle particelle più grosse, fino ai 10 micron di diametro; ma il suo vero segreto sta nell’avere una carica elettrostatica, che attrae e trattiene le particelle più piccole di 5 micron“.

La carica deve rimanere stabile nel tempo e in genere dura dai 3 ai 5 anni. “La mascherina comunque va sostituita dopo un certo tempo di utilizzo perché perde l’aderenza al volto“, raccomanda Galbiati.

Le Ffp2 filtrano oltre il 92% delle particelle sospese nell’aria, mentre le Ffp3 arrivano a valori pari o superiori al 98%. “Esistono anche maschere Ffp2 e Ffp3 che hanno una valvola per facilitare l’espirazione: pensate per chi lavora nei cantieri, potrebbero essere pericolose se indossate da persone infette, perché non filtrano l’aria in uscita“, sottolinea l’esperto.

Semi maschere di gomma con filtri intercambiabili

Capitolo a parte per le “semi-maschere fatte di gomma siliconica lavabile, su cui si possono montare filtri intercambiabili: efficaci quanto le tradizionali Ffp2 e Ffp3, hanno il vantaggio di essere riutilizzabili.