Possiamo festeggiare un altro importante passo verso la trasparenza delle comunicazioni commerciali: una vittoria contro l’invadenza, spesso opaca, della pubblicità. Circa un anno fa avevamo segnalato allo IAP e all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la pratica scorretta di far comparire prodotti commerciali all’interno dei video musicali senza indicare al pubblico la presenza di partnership sponsorizzate.
L’Antitrust ha comunicato la chiusura del procedimento per il videoclip “Senza pensieri” di Fabio Rovazzi: per evitare la sanzione il cantante (che ha anche scritto, diretto e montato la clip musicale) ha dovuto accettare l’obbligo di modificare non solo le informazioni sulla pubblicità contenuta nel video, ma anche di farsi carico, d’ora in poi, per le future produzioni artistiche, di rendere palese l’inserimento di marchi a fini promozionali, pena, in caso di inottemperanza, la sanzione pecuniaria da 10 mila a 5 mln di euro.
Come attesta l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato nelle sue valutazioni conclusive, nel video era inserito a fini promozionali il brand del colosso dell’elettronica LG, una presenza di un partner commerciale “non esplicitata in modo adeguato“. Rovazzi aveva collocato meri ringraziamenti in sezioni esterne al video, di consultazione solo eventuale. Ma ciò, secondo l’Antitrust, non può bastare ad informare correttamente i suoi fan.
Una vittoria importante: grazie alla nostra segnalazione si chiude l’ennesimo procedimento sul fenomeno degli influencer e della pubblicità occulta scoperchiato dalla nostra associazione, che in questo caso si estende per la prima volta ai video musicali. Lo stesso Rovazzi si è dichiarato soddisfatto per il risultato e lo siamo anche noi dell’Unione Nazionale Consumatori, visto che d’ora in poi il cantante sarà obbligato ad assicurare una maggiore trasparenza verso tutti i suoi fan.
Resta da capire perché abbia dichiarato di volersi “togliere un sassolino dalla scarpa” polemizzando con noi, ma di questo parlo nel video qui sotto. Quel che è certo è che Rovazzi non dovrebbe parlare di “accuse pretestuose”: se il nostro esposto fosse stato infondato l’Antitrust lo avrebbe archiviato e non avrebbe costretto Rovazzi, come invece ha fatto, a modificare la sua condotta (punto sul quale, peraltro, era intervenuto anche l’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria IAP su nostra sollecitazione).
C’è da augurarsi, in conclusione, che questa vicenda serva a rendere l’industria musicale (e quella degli influencer) maggiormente consapevoli dell’importanza del ruolo che i personaggi più amati dal pubblico hanno nel rendere evidenti le sponsorizzazioni che devono essere presentate ai fan con adeguati strumenti informativi, senza che ciò leda in alcun modo il valore artistico o la fruibilità di questi contenuti.