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IL SUPERLAVORO DEL CUORE QUANDO LE TEMPERATURE SI ALZANO

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Estate: la temperatura si alza, la pressione si abbassa. Con il caldo, e di conseguenza l’aumento della vasodilatazione, si riduce infatti la pressione arteriosa. E con la maggiore sudorazione cui si va incontro, quindi perdita di liquidi e sali minerali, il rischio disidratazione è in agguato. E questo può tradursi in capogiri, affaticamento, stanchezza, e cuore che batte più rapidamente.

Il sistema circolatorio risente infatti del gran caldo. I vasi si dilatano ostacolando così il regolare flusso del sangue verso il cuore. In altre parole il calore rallenta la circolazione sanguigna.

 

Le malattie non vanno in ferie e il caldo sottopone a un super lavoro il cuore

Sono soprattutto i pazienti cardiopatici e con malattie vascolari a dover tenere opportunamente sotto controllo i valori della pressione e valutare con la cardiologa eventuali modifiche alla terapia farmacologica, per esempio il dosaggio di farmaci diuretici. Vietato il fai da te.

Oltre a consultare lo specialista per capire come salvaguardare la salute del proprio cuore, è buona norma bere di più acqua, mangiare frutta e verdura che contribuiscono a reidratare l’organismo e a fare rifornimento di sali minerali. Al contrario meglio evitare cibi troppo salati. E occhio al consumo di vino e alcolici: provocano vasodilatazione. E al mare meglio non andare nelle ore più calde e proteggersi con creme con filtri solari.

E se in programma c’è una vacanza in montagna, chi soffre di malattie cardiovascolari dovrebbe informare il medico per valutare se le proprie condizioni fisiche (stabilità dei problemi cardiovascolari, terapie in corso ed esami diagnostici recenti) sono idonee alla quota che si intende raggiungere. Perché quote troppo alte richiedono al cuore un super lavoro.

Prima di andare in montagna, per i cardiopatici è d’obbligo un consulto con il medico

Da uno studio coordinato da Gianfranco Parati, professore di medicina cardiovascolare all’Università di Milano-Bicocca, è emerso infatti la necessità di valutare insieme al medico e di personalizzare quanto più e meglio possibile le raccomandazioni e gli accorgimenti per il paziente cardiopatico amante dell’alta montagna. Perché «il paziente cardiologico non deve necessariamente privarsi del piacere della montagna, ma la deve affrontare con serietà, consapevolezza, prudenza e preparazione, basandosi su dati scientifici e sulla propria storia personale».

Perché salendo di quota si riduce la pressione barometrica e si osserva una rarefazione dell’ossigeno. Di conseguenza l’organismo deve mettere in atto delle misure per adattarsi: aumenta la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, la pressione arteriosa e polmonare; e si riduce l’ossigeno e l’anidride carbonica nel sangue… Fino a che l’organismo raggiunge un nuovo punto di equilibrio noto come “acclimatamento”.

Nel caso di persone con patologie cardiache, vascolari o polmonari, l’esposizione all’alta quota può richiedere uno sforzo di adattamento davvero oneroso, perché l’organismo è già indebolito dalla patologia di base. Da qui la necessità di valutare caso per caso il grado di stabilità del quadro clinico e la capacità di adattamento del cuore e dell’apparato vascolare. Questo può comportare la necessità di rivalutare la terapia in atto, in collaborazione con il proprio medico e con uno specialista di medicina di montagna.