Che il sistema della depurazione in Calabria non funzionasse a dovere da parecchi anni non è una novità.
Ad affermarlo è l’Avv. Saverio Cuoco, presidente regionale dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria che si è occupata più volte di tale argomento, quasi incessantemente a decorrere dal 2008 e diversi sono stati i ricorsi inoltrati ai vari Giudici di Pace per ottenere il rimborso dei canoni di depurazione inutilmente corrisposti dai cittadini ai vari comuni inadempienti.
La Corte di giustizia dell’Unione Europea più volte si é pronunciata su tale argomento, confermando la violazione da parte di un grande numero di agglomerati urbani, (la gran parte dei quali ubicati al sud Italia, tra Calabria, Puglia e Sicilia), della direttiva Europea in materia di smaltimento acque reflue, per cui la Repubblica Italiana «é venuta meno agli obblighi discendenti da tale direttiva« in quanto ha omesso di attuare le disposizioni necessarie «per garantire che siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane« e «per garantire che nei suddetti agglomerati le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte al trattamento».
E’ chiaro che sulla salute dei cittadini e sulla balneazione delle acque marine incide notevolmente anche il sistema di depurazione esistente e più volte l’ARPACAL ha inteso distinguere a tale proposito, (anche se un chiarimento in merito sarebbe auspicabile), tra un mare inquinato e un mare sporco.
Già nel 2014, su ricorso dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria, furono emesse delle sentenze che hanno statuito il rimborso dei canoni di depurazione riferiti ad anni pregressi, per l’inadempimento del Comune di Reggio Calabria nel servizio di depurazione, costringendo i cittadini al pagamento del servizio di depurazione a fronte di impianti inattivi o non funzionanti.
I Giudici di Pace, con diverse sentenze, hanno dato ragione ai ricorrenti, evidenziando che il canone di depurazione non riveste carattere tributario ma tariffario, vale a dire deve corrispondere ad un servizio erogato e non può essere chiesto se i depuratori sono inattivi o non funzionanti, altrimenti i comuni incorrerebbero nel reato di ingiustificato arricchimento.
Attendiamo inoltre che sia fatta chiarezza anche sul depuratore di Ravagnese e su tutti gli altri depuratori della regione Calabria, accertando se tali impianti hanno mai rispettato i parametri chimico-fisici allo scarico, entro i limiti di emissione previsti dal D.Lgs. n° 152 del 2006 a causa del mancato funzionamento della sezione dei trattamenti preliminari e della sezione di sedimentazione secondaria, verificando inoltre le criticità che sono state riscontrate anche nel processo di disinfezione delle acque reflue che hanno impedito il normale processo di depurazione, per cui tali acque non depurate e non disinfettate sono state scaricate direttamente sulle battige, in zone destinate alla balneazione.
Adesso che la Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nell’ambito della inchiesta “maladepurazione” ha posto sotto sequestro quattordici impianti di depurazione della provincia di Reggio Calabria (di cui ben sei ricadenti nel territorio del comune capoluogo) per presunte irregolarità nell’operazioni di depurazione a decorrere dal 2010/2011 fino ad oggi, l’Unione Nazionale Consumatori Calabria, chiede ai comuni interessati di restituire ai cittadini i canoni di depurazione ingiustamente ottenuti, nel contempo oltre ad annunciare la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale, fornirà ai cittadini l’assistenza legale per il rimborso dei canoni di depurazione che hanno corrisposto senza aver beneficiato del relativo servizio idrico.