Il consumatore 4.0 è sempre più informato e consapevole, cerca innovazione e piacere così come salute, acquista prodotti certificati ma non si fida più solo di un bollino
Nel complesso dei consumi sostenuti dalle famiglie italiane, il cibo e le bevande pesano circa l’11%. Una percentuale importante tanto più che dalle abitudini alimentari è possibile risalire ad una conoscenza anche sociologica del consumatore e del suo stile di vita.
Da un’analisi effettuata da Eurispes, il consumatore 4.0 è sempre più informato e consapevole che cerca innovazione e piacere così come salute, che acquista prodotti certificati ma non si fida più solo di un bollino.
È una questione di qualità
Cosa significa qualità in un prodotto alimentare? L’Osservatorio CPT ha condotto una indagine, alla ricerca del significato di qualità nella percezione dei responsabili di acquisto, tra i millennials.
Nell’àmbito della sicurezza alimentare, secondo il 64,8% degli intervistati un cibo è di qualità se “lo mangio e non fa male”; al contempo, il 63% ritiene che sia di qualità se “ci stanno poche cose dentro”; il 56,3% lega la qualità del cibo al fatto che “l’etichetta sia fatta bene”; poco più della metà ritiene che un cibo sia di qualità se “è di stagione”.
Dunque, la sicurezza alimentare è un elemento importante nella scelta dei prodotti e l’etichetta è fondamentale per convogliare le informazioni necessarie a rassicurare il consumatore.
Ma anche una questione di ambiente
In tema di qualità ambientale della terra d’origine dei prodotti, un cibo è di qualità se “c’è una certificazione ambientale del luogo” per quasi la totalità degli intervistati (98%); “si sa da dove viene” per il 93,7%; “il luogo d’origine è bello e ben tenuto” per quasi otto su dieci (78,8%); “è lontano dai grandi centri abitati” solo per tre su dieci (29,4%).
La qualità ambientale intrecciata alla consapevolezza dell’origine dei prodotti è un fattore di estrema importanza in Italia: è, infatti, nel cibo che molte persone riscoprono l’importanza del territorio e della salvaguardia ambientale.
Meglio se bio
Passando al tema della naturalità dei processi dei prodotti, secondo il campione preso in esame, un cibo è di qualità se “è certificato bio” per l’84,7%, con una differenza di dieci punti tra le opinioni delle donne (89,6%) e quelle degli uomini (79,6%); “segue processi produttivi certificati” per otto su dieci (81%); “è fatto come una volta” per il 67,4%; solo il 57,9% ritiene che sia di qualità se “è fresco”.
Dunque, la certificazione biologica è un punto di partenza e un riferimento per molti e le donne sono generalmente più affini al consumo di questo tema.
Per quanto riguarda l’aspetto del contenuto salutistico dichiarato, il cibo è di qualità se “svolge funzioni positivi per l’organismo” secondo la quasi totalità degli intervistati (97,8%); “gli vengono tolte sostanze nocive” per il 94,5%; “è additivato con ingredienti salutistici” per il 75,2%.
Cibo e salute
La relazione tra cibo e salute, in questo caso, è vista come positivo-preventiva: i millennials non vogliono mangiare solo un prodotto non nocivo, ma un prodotto che tenga il passo della ricerca scientifica alimentare e che aiuti a mantenere uno stato di efficienza fisica e mentale.
Infine, per quanto riguarda la cosiddetta sostanza laica della qualità, quasi sei su dieci (57,9%) ritengono che un cibo sia di qualità se “è fatto in piccole quantià”; poco più della metà (51,4%) crede che lo sia se “è sul mercato da molto tempo”; solo il 47,8% crede sia di qualità se “si sa come è stato fatto”. Sia gli uomini che le donne ricercano prodotti innovativi, ma restano anche fedeli a prodotti storici.