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C’ERA UNA VOLTA L’ACQUA

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Le persone di una certa età ricordano che la maggioranza di noi beveva l’acqua che proveniva dai rubinetti di casa e in molte zone rurali si attingeva dai pozzi. In diverse zone del nostro Paese c’erano delle sorgenti naturali che potevano essere liberamente utilizzate dai consumatori per fare il pieno di acqua; si andava con taniche o damigiane.

Andando indietro nel tempo c’erano ancora situazioni nelle quali molte abitazioni non avevano l’acqua corrente ed era pertanto necessario approvvigionarsi dalle fonti pubbliche.

Trattandosi di acqua proveniente in gran parte da sorgenti, veniva erogata senza particolari trattamenti di potabilizzazione, poiché non necessari.

L’acqua minerale, che meglio possiamo chiamare imbottigliata, era riservata a chi se la poteva permettere e, generalmente, si trattava di acque molto gassate; in un primo tempo erano solo di origine italiana e solo in un secondo tempo sono arrivate quelle francesi forse ancor più gassate.

Nel nostro Paese c’è un’abbondante varietà di acque minerali, di cui siamo i primi consumatori al mondo, e sono determinanti nelle scelte le convinzioni sulle qualità benefiche, vere o presunte, di questa o quell’acqua. Nella nuova edizione delle Linee Guida per una sana alimentazione (https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018) è stata dedicata all’acqua una specifica direttiva, per aiutare i consumatori a orientarsi. Tra gli aneddoti legati all’acqua e alle sue proprietà scopriamo quella che ha fatto passare i calcoli a papi e cardinali, quella amata da poeti e scrittori i quali, traevano ispirazione nei pressi della sorgente, quell’altra ancora che consentiva di smaltire le abbondanti libagioni di principi o re.

La necessità di fornire acqua ai cittadini era già sentita in passato, basti pensare agli imponenti acquedotti romani, e con il crescere della popolazione urbana e di conseguenza del fabbisogno di acqua è stato necessario cercare fonti di approvvigionamento supplementari. Si è quindi ricorso alle acque di bacini idrici superficiali che però richiedono un risanamento, una “potabilizzazione” per rimuovere eventuali patogeni e ciò viene ottenuto tramite sali di cloro (come l’ipoclorito o varecchina). Si tratta di un’aggiunta che non pone particolari problemi di carattere sanitario, ma che conferisce all’acqua un leggero sapore di cloro che alcuni gradiscono poco. Basterebbe raccogliere l’acqua del rubinetto in una brocca e lasciarla una decina di minuti per mandare via il sapore del cloro, essendo questo molto volatile, tuttavia il sapore sgradevole, la non sempre ottimale condizione delle tubature urbane, insieme a una sapiente comunicazione da parte delle aziende imbottigliatrici ha convinto molti a ricorrere all’acque in bottiglia; i risultati non si sono fatti attendere: beviamo circa 200 litri di acqua imbottigliata pro-capite l’anno contro i circa 150  litri di acqua di rubinetto.

Ad aumentare le preoccupazioni delle persone nei confronti delle acque di rete sono i problemi emergenti periodicamente sia per questioni come quello della ricchezza di boro, fluoro o arsenico di alcune di queste; il fatto curioso è che queste acque, presenti soprattutto in Italia Centrale, siano state consumate per millenni dalle popolazioni etrusche e romane senza danni (almeno apparenti) e siano state messe all’indice dalla scienza o forse (più semplicemente) dalla burocrazia comunitaria.

Le acque minerali e oligominerali sono prelevate dal sottosuolo, sono sterili e mantengono la “purezza” microbiologica anche dopo l’imbottigliamento.

La loro composizione varia in funzione del suolo e degli strati di roccia con cui vengono a contatto: abbiamo pertanto acque dure, acque oligominerali, acque iposodiche, acque ferrose, acque sulfuree, acque calciche, ecc. 

In ogni caso il “businness” delle acque minerali è divenuto molto fiorente ed è stata una ghiotta occasione anche per alcune multinazionali. Ecco allora la comparsa di aggressive (e milionarie) campagne pubblicitarie che con “claim” più o meno veritieri, pur nel rispetto della normativa forse un po’ troppo permissiva, ci propinano informazioni in cui di volta in volta si esaltano alcune caratteristiche delle varie acque e quando non si può vantare altro, per non perdere l’occasione di scrivere qualcosa, vengono vantate le proprietà diuretiche che sono comuni a qualsiasi acqua.

La demonizzazione dell’acqua del rubinetto ha comportato anche la diffusione di sistemi filtranti che promettono di rimuovere il cloro ed il suo sapore, ma il problema è che rimuovono anche il calcio, uno dei tesori delle acque (anche di rubinetto) e altri elementi minerali. Con questi sistemi si può anche gassificare l’acqua per renderla più gradevole, ma non è detto che sia migliore anche perché la sottrazione di calcio la priva di un prezioso nutriente. Del resto esistono in commercio apparecchiature per gassare l’acqua del rubinetto e renderla così più gradevole se si preferisce il gusto frizzante, senza necessariamente privarla di preziosi minerali.

Per differenziare i sapori, cambiare il colore, aggiungere aromi ecco allora irrompere sul mercato una “cascata” di acque imbottigliate arricchite di sali minerali e di aromi di ogni genere. Sono a nostra disposizione acque più o meno colorate al sapore di vari frutti, che spesso ci richiamano alla naturalezza, alla freschezza e alla salute. In realtà si tratta di acque arricchite di sostanze chimiche registrate tra gli additivi alimentari (vitamine, sali minerali) e anche non sempre facilmente identificabili soprattutto quando rientrano nella categoria degli aromi.

Ovviamente è tutto nella norma perché i produttori seguono le severe norme imposte dalla legislazione nazionale e comunitaria che consentono le integrazioni effettuate.

Certo un bicchiere di acqua fresca, alla quale sia stato aggiunto il succo di un limone è un’altra cosa, ma è un gusto consentito solo noi poveri mortali che non siamo all’altezza del progresso.

Un ulteriore rimedio per aumentare la gradevolezza dell’acqua di rubinetto sono le bustine contenenti bicarbonato di sodio, acido malico e acido tartarico che da oltre un secolo sono disponibili ai consumatori. Forse inconsapevolmente l’idea è stata copiata dai produttori di “cubetti” costituiti da una miscela di “estratti” di piante e frutti aromatici e sali minerali da sciogliere nell’acqua potabile. Dai messaggi pubblicitari imperversanti in internet sembrerebbe che ci siano degli ottimi benefici in termini di gradevolezza dell’acqua e anche salutari.

Qualche consiglio.

Se decidiamo di consumare acqua imbottigliata facciamolo sulla base dei nostri gusti e senza lasciarci influenzare dai messaggi pubblicitari.

L’acqua di rubinetto è altrettanto buona e può contribuire alla sostenibilità, sia limitando l’uso delle materie plastiche, sia per il costo decisamente inferiore. Le acque “aromatizzate” non aggiungono nulla al loro valore nutrizionale o salutistico. Diversa è l‘integrazione con sali minerali; in questi casi potrebbe essere utile consultare il medico per capire se possono essere utili o meno.

Diffidiamo comunque delle acque e dei vari “supporti” venduti soltanto attraverso il mercato elettronico. Si tratta molto spesso di prodotti la cui sicurezza non è conosciuta.

sistemi di filtraggio rendono forse più gradevole l’acqua, ma possono sottrarre qualche sale minerale.

Per le acque colorate, aromatizzate, integrate ecc. valutiamo se è il caso di berle considerando che i benefici  sono modesti se non del tutto nulli.

Se però costituiscono una modalità attraverso la quale si ottiene un maggiore consumo di acqua ben venga qualsiasi aggiunta, purché non di zucchero, è benvenuta, ma l’acqua, solo acqua, liscia o gassata, imbottigliata o di rete è la bevanda consigliata.

Autori: Andrea Ghiselli, Agostino Macrì