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VERDE, GIALLO E ROSSO. I COLORI DI UN SEMAFORO SUGLI ALIMENTI IN BAR E MENSE: COSÌ SI FACILITA LA SCELTA DI QUELLI PIÙ SALUTARI

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Un «semaforo» classico – con i tre colori: verde, giallo e rosso – per migliorare le scelte alimentari di coloro che quotidianamente si occupano della salute altrui. Può dichiararsi riuscito l’esperimento condotto da un gruppo di specialisti nella prevenzione delle malattie correlate al metabolismo del Massachusets General Hospital di Boston su oltre 5.600 colleghi della stessa struttura, tenuti sotto controllo al momento dell’acquisto di alimenti nei bar e nelle mense di quello che è uno degli ospedali più importanti degli Stati Uniti. La presenza vicino ai cibi e alle pietanze di un indicatore cromatico della loro qualità ha infatti portato i dipendenti a compiere scelte più salutari: sia sul momento sia nei mesi successivi al termine dell’esperimento. Ad aumentare è stato il consumo di piatti «verdi», a scapito di quelli bocciati con il «rosso».

 

Un «semaforo» per migliorare la dieta

Tracciando per tre mesi attraverso i singoli badge le scelte alimentari dei propri colleghi e continuando a monitorarle anche dopo aver rimosso gli indicatori di qualità nutrizionale, i ricercatori statunitensi hanno così valutato l’effetto che l’etichetta «a semaforo» ha sull’individuazione di ciò che portiamo a tavola. I risultati sono stati incoraggianti. Tra i dipendenti che frequentavano le mense con maggior frequenza, gli autori dello studio, pubblicato sul «Journal of the American Medical Association», hanno osservato una riduzione media dell’introito calorico del 6.2 per cento. E più spiccata (23 per cento) dell’energia proveniente da pietanze meno equilibrate. Il tutto nell’arco di due anni: tanto è durata infatti l’osservazione, portata avanti in tre diversi momenti. Durante il primo – della durata di tre mesi – ogni piatto è stato accompagnato da un’indicazione grafica.

Il verde per indicare le scelte più salutari, il giallo quelle da compiere con moderazione e il rosso quelle da evitare (alimenti ricchi di zuccheri, sale, grassi saturi). Terminato il periodo in cui tutti i medici hanno potuto prendere confidenza con il nuovo sistema di etichettatura, i consumi sono stati tracciati anche in due successivi momenti: nel primo la disposizione delle pietanze è rimasta invariata, mentre nel secondo si è deciso di rendere maggiormente visibili alimenti e piatti considerati più sani. In entrambi i casi, pur senza il «semaforo» accanto, i medici hanno continuato a compiere le medesime scelte dei primi mesi. Segno che la visione di un’etichetta così immediata potrebbe determinare un miglioramento della dieta nel tempo.

Opportunità per frenare l’aumento di peso

La riduzione delle chilocalorie osservata ha determinato, in alcuni casi, un calo del peso di due chili. Sebbene gli autori si siano affrettati a dichiarare che «l’intento dello studio non era determinare il dimagrimento dei colleghi», è però chiaro che «un programma come questo, adottato nei luoghi di lavoro, potrebbe aiutare gli adulti a mantenere costante il proprio peso». Il che vuol dire porre comunque un argine alla diffusione del sovrappeso e dell’obesità, fattori di rischio per diverse malattie croniche: in primis quelle cardiovascolari, seguite dai tumori.

Condizioni che, volendo guardare anche alle ricadute per le aziende, determinano un aumento delle assenze dal lavoro. Senza dimenticare l’importanza dell’esempio, che in questo caso giunge da coloro che sudano ogni giorno per preservare la salute di tutti. Da qui l’invito dei ricercatori, il cui lavoro rappresenta il primo condotto andando a misurare in concreto i cibi e le pietanze acquistati: «Un programma come questo dovrebbe essere molto più diffuso, indipendentemente dalla realtà professionale. Il contatto quotidiano agevola il percorso che punta a concludersi con un miglioramento delle scelte alimentari. E, di conseguenza, dello stato di salute a lungo termine».

Ma l’ipotesi in Italia non «sfonda»

Il dibattito attorno all’impatto delle etichette «a semaforo» è cresciuto negli ultimi anni. La proposta è al momento al vaglio del Comitato sulle etichette alimentari del «Codex» (programma congiunto di Fao e Oms che stabilisce gli standard alimentari), le cui linee guida hanno l’obiettivo di fornire ai Paesi gli standard da cui partire anche nell’ambito dell’etichettatura alimentare. Migliorare la comunicazione della qualità nutrizionale degli alimenti è vista ormai come una necessità in diversi Paesi del mondo, per provare ad arginare l’epidemia di sovrappeso e obesità. La Commissione Europea dovrebbe esprimersi a riguardo entro la fine dell’anno. Tante aziende iniziano a considerare una strategia di questo tipo come una possibile opportunità, che potrebbe determinare un miglioramento complessivo della qualità dei prodotti. Meno convinta appare invece l’Italia, che soprattutto a livello politico ha finora sempre osteggiato una svolta di questo tipo. Motivazione: il rischio di penalizzare alcune specialità del Made in Italy, come i salumi e i formaggi. Ma proprio nei giorni scorsi il ministro della Salute Giulia Grillo ha chiesto che negli ospedali trovino più spazio frutta e verdura