La rivoluzione tecnologica e digitale moltiplica la figura del consumatore e pone nuove sfide alla regolazione e alla tutela dei diritti. Lo studio Consumerism 2019 fotografa i cambiamenti in atto in occasione dell’evento sulle Authority organizzato oggi da Consumers’ Forum
Il consumatore, questo essere dai mille volti. La rivoluzione tecnologica e digitale sta portando grandi cambiamenti nella vita e sui diritti dei cittadini. E la figura del consumatore ne esce molteplice e moltiplicato.
È consumatore offline e online, è portatore di dati personali che sono alla base della data driven economy e che solo in apparenza muovono servizi gratuiti, in realtà finanziati dagli stessi dati personali reimpiegati nella pubblicità online. Il consumatore è anche utente di servizi digitali. In tutto questo cambiamento, dunque, le due sole dimensioni della tutela dei dati personali e della concorrenza difficilmente potranno sostenere da sole il «peso della rivoluzione digitale».
Sono solo alcuni degli spunti che arrivano dallo studio Consumerism 2019 a cura dell’Università Roma Tre, quest’anno sul tema “Dal codice del consumo al Digital Service Act. Quella dal consumatore al cittadino digitale è vera evoluzione?”. Lo studio è stato presentato durante l’evento “Il potere delle nuove tecnologie, il ruolo dell’Europa e delle Authority nazionali”, organizzato da Consumers’ Forum. L’incontro, che analizza il ruolo delle Autorità indipendenti alla luce della rivoluzione tecnologica e del contesto normativo europeo, fa il punto sulla tenuta e sull’efficacia del Codice del Consumo, investito da grandi cambiamenti perché cambia il mondo esterno.
Le mille figure del consumatore, oggi
I cambiamenti tecnologici e la tecno-economia modificano il diritto dei consumatori e aggiungono nuovi aspetti alla figura del consumatore, si legge nell’introduzione dello studio, firmata da Fabio Bassan, Maddalena Rabitti e Liliana Rossi Carleo, che spiega in quale cornice si muova la regolazione e la figura stessa del consumatore.
«Il diritto del consumo – si legge nel Rapporto – non si identifica oggi certamente con il diritto del consumatore, specie se si accoglie l’accezione ristretta del termine consumatore che è ormai evidentemente sempre più in crisi e che trova l’ultimo baluardo solo a livello europeo, specialmente per effetto di alcune pronunce della Corte di Giustizia. Il consumatore viaggiatore, il consumatore risparmiatore, assicurato, investitore, solo per citare alcune possibili varianti che nascono dalle finalità di tutela particolari in relazione alla natura dell’attività esercitata sono comunque figure la cui disciplina è data dall’incidenza della regola settoriale sul minimo comune denominatore che è rappresentato dal Codice del consumo».
La stessa nozione di consumatore non è univoca. C’è un consumatore “concreto” secondo una prima nozione che guarda soprattutto al suo ruolo nel contratto e serve a delimitare l’ambito di applicazione delle norme. E c’è una figura più astratta di consumatore, che serve a indicare gli obiettivi dell’azione legislativa. C’è poi la figura dell’utente di servizi digitali, che certamente aggiunge una dimensione in più, nuove realtà e sfide.
Consumatore utente dei servizi digitali
Sulla contrapposizione teorica esistente finora, quella dell’immagine del consumatore quale homo oeconomicus che opera una scelta razionale opposta a quella del consumatore che invece segue anche comportamenti irrazionali, si inserisce l’impatto dei Big Data e delle nuove tecnologie, “che rendono rilevanti le rilevazioni statistiche grazie all’enorme quantità di dati su cui operare”.
«Il consumatore non è considerato, in questo caso, dal punto di vista dei fattori psicologici che determinano il suo comportamento, né dal punto di vista delle norme che dovrebbero guidarlo, ma viene semplicemente concepito come un soggetto il cui comportamento è prevedibile».
Una prospettiva non autosufficiente, ma che aggiunge altre realtà e sfide. Ci sono infatti le dimensioni del consumatore online e offline, l’economia fondata sui dati personali e dunque il grande tema della gestione e della protezione dei dati personali.
Come si legge in Consumerism 2019, «si è visto nei Rapporti precedenti che il consumatore è occasionalmente professionista (sharing economy) è un consumatore social, è un soggetto che vive nella data economy e che non può trovare la propria esclusiva tutela, nel pur fondamentale Regolamento GDPR. La protezione del dato personale non è garantita dal mero consenso negoziale ma da un’azione concorrente di accountability e educazione del consumatore che rende in questa fase particolarmente importante e delicata l’attività del Garante Privacy».
Internet delle Cose, Facebook e quant’altro vengono di conseguenza. E pongono altre sfide.
«Qui si apre – prosegue Consumerism – la questione dell’Internet of Things e ad esempio degli assistenti personalizzati come Alexa che possono registrare conversazioni e assumere dati da questi. Ancora, Cambridge Analytica, che ha raccolto dati sviluppando un sistema di micro-targeting comportamentale molto preciso, è un ulteriore esempio di come i dati che condivisi con Facebook siano stati a loro volta a lungo condivisi con questa società terza, per finalità commerciali sconosciute agli utenti. Il problema si pone poi in termini ancora più drammatici con l’IA: la complessità o opacità dell’algoritmo può tradursi in una sostanziale non comprensibilità delle scelte. L’assenza dell’interazione in questo senso si traduce in una soggezione dell’utente alla macchina, che in qualche misura il legislatore deve contrastare».
E se la realtà è questa, se la regolazione andrà aggiornata e si discute di come farlo, concorrenza e tutela dei dati personali difficilmente potranno sostenere da soli il «peso della rivoluzione digitale».