Domanda: Lo stipendio può essere “ricaricato” sulla carta elettronica?
Risposta: A partire dallo scorso 1° luglio, al fine di tutelare i lavoratori da alcune prassi scorrette, sono entrate in vigore le modifiche introdotte d’art. 1, comma 910, della Legge di Bilancio 2018 (n. 205/2017).
La norma prevede che: “a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale” con una serie di mezzi di pagamento ammessi.
Spesso, infatti, i lavoratori si erano visti costretti ad accettare le c.d. “false buste paga” ovvero a firmare, dietro minaccia di licenziamento, cedolini con indicate somme maggiori rispetto a quelle poi effettivamente erogate in contanti dal datore di lavoro che, di fatto, erano inferiori ai minimi fissati ai contratti collettivi.
Dal mese di luglio, invece, addio contanti poiché le uniche forme di pagamento ammesse per il versamento delle retribuzioni sono:
- a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
- b) strumenti di pagamento elettronico;
- c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
Sulle nuove modalità di versamento sono giunti importanti chiarimenti da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro stante i molti interrogativi sulle novità introdotte dalla manovra 2018 (cfr. nota n. 4538/2018).
Alcuni di questi, giunti con la nota prot. n. 5828 del 4 luglio 2018 hanno riguardato proprio i mezzi di pagamento ammessi, in particolari strumenti elettronici come le carte prepagate.
Con riferimento a queste ultime, l’INL ha precisato a chiare lettere che “rientra tra gli strumenti di pagamento elettronico previsti dalla lettera b) del comma 910 dell’art. 1, il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore”.
Una conclusione che, secondo l’Ispettorato vale anche laddove la carta non sia collegata ad un IBAN. Pur non essendo, quindi, indispensabile che la carta sia collegata ad IBAN, in tal caso, soggiunge l’INL, sarà comunque necessario consentire l’effettiva tracciabilità dell’operazione eseguita.
Quindi, a tal fine, il datore di lavoro dovrà conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza. Si rammenta, infatti che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.