di Annamaria Villafrate
Dal primo luglio il pagamento dello stipendio deve avvenire con strumenti tracciabili. Vietato pagare la retribuzione in contanti. La riforma però non è prevista per tutte le categorie di lavoratori. Esclusi i dipendenti delle PA, i domestici, i tirocinanti, i titolari di borse di studio e i lavoratori autonomi occasionali. Le multe, in caso d’inosservanza possono raggiungere i 5000 euro, anche se si può fare ricorso. Le sanzioni si applicano anche se il pagamento non va a buon fine.
Dal primo luglio basta stipendi in contanti
Il comma 910 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 prevede che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione e gli anticipi sulla stessa tramite banca o ufficio postale con uno dei seguenti mezzi di pagamento:
- bonifico sul conto del lavoratore;
- strumenti di versamento elettronici;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale in cui il datore ha un conto corrente di tesoreria aperto con mandato di pagamento;
- assegno da consegnare al dipendente o a un suo delegato, in caso d’ impedimento. L’impedimento s’intende comprovato se il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale di età non inferiore a sedici anni.
La firma del lavoratore sulla busta paga non prova l’avvenuto pagamento dello stipendio.
Rapporti di lavoro interessati dalla riforma
I rapporti di lavoro interessati dalla riforma sono quelli:
- di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., senza che rilevino durata e modalità di svolgimento;
- originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
- nati dai contratti di lavoro instaurati in qualunque forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge n. 142/2001.
Rapporti di lavoro esclusi dalla riforma
Il comma 913 dell’art 1 prevede che non è obbligatorio procedere al pagamento dello stipendio nei modi previsti dal comma 910 della legge 205/2017 ai rapporti di lavoro:
- instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del dlgs. n. 165/2001;
- a quelli di cui alla legge n. 339/1958 che tutela il lavoro domestico;
- a quelli degli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
Sono altresì esclusi i tirocini, i rapporti autonomi occasionali e le borse di studio.
Le sanzioni per il datore di lavoro
Il comma 913 dell’art. 1 prevede che al datore di lavoro o al committente che viola l’obbligo di effettuare il pagamento dello stipendio con strumenti tracciabili, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria minima di 1000 euro e massima di 5000 euro.
Si intende violato il divieto di corrispondere lo stipendio in contanti anche quando il bonifico del datore viene revocato o l’assegno annullato. La sanzione scatta quindi anche quando il pagamento dello stipendio non è andato a buon fine.
Datore: cosa può fare in caso di sanzione?
Il datore di lavoro sanzionato, entro 30 giorni dalla notifica del verbale di contestazione e notificazione può presentare:
- ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 16 del d.lgs. n.124/2004)
- o scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 legge n. 689/1981.