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PORTARE IL CIBO DA CASA E CONSUMARLO NELLA MENSA SCOLASTICA: È UN DIRITTO?

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Le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a stabilire se i genitori degli alunni delle scuole elementari e medie abbiamo il diritto, inteso come espressione della libertà personale, di scegliere per i propri figli tra la mensa scolastica e il pasto portato da casa. Inoltre, è stata sollevata anche la questione circa la possibilità di consumare il cibo nei locali della scuola e comunque nell’orario destinato alla refezione scolastica.

 

Il caso. Nel 2014, un gruppo di genitori di alunni frequentanti le scuole comunali elementari e medie, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale, il Comune di Torino e il Ministero dell’Istruzione, affinché venisse accertato il proprio diritto di scegliere, per i propri figli, tra la mensa scolastica e il pasto domestico, portato da casa o confezionato autonomamente. 

In particolare, i genitori chiedevano al Tribunale di imporre al Ministero di impartire adeguate disposizioni ai dirigenti scolastici, affinché pranzo al sacco potesse essere consumato all’interno dei locali adibiti a mensa scolastica, nell’orario di refezione.

Il Tribunale torinese, però, rigettava le domande ritenendo non sussistente un diritto alla prestazione del servizio mensa con modalità diverse da quelle previste dalla normativa vigente ovvero di un servizio alternativo interno alle scuole per coloro che intendevano consumare il pasto domestico, né un diritto alla stessa istituzione del servizio mensa, essendo le famiglie libere di optare per il c.d. tempo breve o per quello pieno o prolungato.

Le famiglie allora si rivolgevano alla Corte di Appello di Torino, la quale accertava il diritto dei genitori di scegliere, per i figli, tra la refezione scolastica e il pasto domestico da consumare nell’orario di refezione ma non dettava le modalità pratiche con cui attuare questo poiché il diritto dei genitori non poteva risolversi nel consentire in maniera indiscriminata, agli alunni, di consumare il pasto domestico nei locali adibiti alla mensa scolastica, anche in considerazione degli aspetti igienico/sanitari.
La Corte.  Contro la decisione della Corte d’appello il Comune di Torino proponeva ricorso in Cassazione. Quest’ultima, ritenendo opportuno un intervento delle Sezioni Unite, osserva che se l’istruzione pubblica inferiore è obbligatoria e gratuita e comprende il diritto di fruire delle attività scolastiche che si svolgono nel pomeriggio, nel caso in cui si attivato il c.d. tempo pieno e/o prolungato e se il c.d. tempo mensa costituisce un momento importante di condivisione e di socializzazione che rientra nell’orario scolastico annuale, il c.d. tempo scuola, definito dalla legge, allora andrebbe riconosciuto, secondo questa tesi, anche il diritto degli alunni di portare cibi da casa e consumarli a scuola, senza costringerli ad usufruire del servizio di mensa scolastica da essa erogato, il quale, altrimenti, da facoltativo, attivabile a domanda individuale, diventerebbe obbligatorio.
L’effetto sarebbe di costringere gli alunni a rinunciare ai contenuti educativi dell’offerta formativa scolastica connessa all’opzione tempo pieno/prolungato, con violazione anche del principio di gratuità dell’istruzione inferiore. Si assume anche la non coincidenza del “tempo mensa” con il servizio di mensa scolastica, al quale non si potrebbe attribuire alcuna funzione pedagogica, diversamente dal “tempo scuola” cui sarebbe invece inerente la libertà alimentare individuale, non attuabile efficacemente se si costringessero i genitori a prelevare i figli da scuola durante l’orario della mensa scolastica e a riaccompagnarli nel pomeriggio.

Svolte le sopradette considerazioni, la Corte di Cassazione (con ordinanza interlocutoria n. 6972/2019) rimette gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.