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NEL CENTRO-SUD SCOPPIA LA GUERRA DEL POMODORO DA CONSERVA

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Gli industriali rompono la trattativa con gli agricoltori: i prezzi proposti sono troppo alti, il 40% in più del Nord Italia, «così si rischia di favorire la zona grigia»

MAURIZIO TROPEANO

«Pur comprendendo le peculiarità del mondo agricolo del Bacino del Centro Sud  che andrebbero a giustificare, come già avvenuto negli anni passati, un prezzo più alto rispetto al Nord, sia per le caratteristiche del prodotto conferito sia per il differente sistema di raccolta, non è possibile chiedere un importo che sia pari quasi al doppio di quello contrattato nel bacino Nord, tenendo presente che il prezzo pagato in Italia è già da sempre il più alto al mondo». E’ questa la motivazione che ha spinto gli industriali conservieri a rompere la trattativa appena iniziata con le associazioni dei produttori di pomodoro da conserva. 

 

Che cosa è successo? L’organismo di rappresentanza degli agricoltori si è presentato al tavolo con una proposta che prevede prezzi di riferimento superiori del 40% rispetto a quelli della campagna 2019. Si è parlato, infatti, di 130 euro a tonnellata per il pomodoro tondo e 140 euro a tonnellata per quello lungo contro i 95 e 105 euro dell’anno scorso. Tutto questo mentre nel bacino del Nord è stato contrattato un prezzo di 88 euro, circa  il 2% in più dell’anno scorso mentre secondo Anicav, l’associazione degli industriali del settore «negli altri stai i nostri competitors a livello mondiale hanno definito prezzi mediamente in linea o con lievi aumenti rispetto alla campagna precedente».

Le richieste degli agricoltori sono legate anche al boom di vendite di pelati registrato in questi mesi di lock down. Secondo un’analisi della Coldiretti, infatti, a livello nazionale è stato registrato un incremento del 45% mentre anche all’estero le vendite sono aumentate. La parte industriale, però, ricorda come nelle ultime campagne il pomodoro raccolto nel centrosud è stato pagato circa il 10% in più di quello «settentrionale» e dal loro punto di vista «un aumento ulteriore di questo differenziale potrebbe, già nell’immediato, creare grosse difficoltà alle imprese minacciando seriamente di distruggere, nel medio-lungo periodo, la filiera del pomodoro da industria nel Centro Sud Italia». Per Anicav «questa rigidità non giova né all’industria  né tantomeno al mondo agricolo ma contribuirà soltanto a favorire quella zona “grigia” da cui derivano gravi ripercussioni sull’intera filiera del pomodoro».