È lo smartphone quello che fa decollare i consumi mediatici nel decennio 2007/2017: mentre la spesa generale delle famiglie è andata giù, quella per gli smartphone è triplicata e ha segnato più 221,6%. La dieta mediatica degli italiani è improntata a una “transmedialità matura”, dice il Censis. Ci si muove in un ecosistema fatto di media diversi, dove la televisione tradizionale è in leggera flessione mentre si afferma quella via internet e la mobile tv, la radio si conferma all’avanguardia ed è anche considerato il medium più credibile, Facebook viene usato come fonte di informazione ma rallenta. E i giornali continuano nella crisi – nel 2018 vengono letti solo dal al 37,4% degli italiani – mentre anche la lettura diminuisce ancora, tanto che nell’ultimo anno ha letto almeno un libro solo il 42% dei connazionali.
Ecco in sintesi il quadro di comunicazione e media in Italia restituito dal Censis in occasione della relazione sulla situazione sociale del paese. Nel 2018 la tv è in leggera flessione mentre continua a crescere la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno).
La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media, perché se quella tradizionale perde qualche punto, è aumentato l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Il 78,4% degli italiani usa internet (più 3,2% rispetto allo scorso anno e più 33,1% dal 2007), quello che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (con una crescita annua del 4,2%, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network aumentano dal 67,3% al 72,5% della popolazione.
Nel dettaglio, continuano ad aumentare gli utenti di WhatsApp (il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30), mentre più della metà della popolazione fa ricorso ai due social network più popolari: Facebook(56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti compiuto da Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani), mentre Twitter scende al 12,3%. I media a stampa invece ristagnano nella crisi, a cominciare dai quotidiani, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018. Questo calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno registrato un aumento dell’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Invece, aggregatori di notizie online e portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Anche i lettori di libri in Italia continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno).
Nel decennio 2007/2017 i consumi mediatici sono diminuiti drasticamente ma la spesa per l’acquisto di smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto triplicando in dieci anni (+221,6% nell’intero periodo, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per l’acquisto di computer ha conosciuto un deciso rialzo (+54,7%), mentre i servizi di telefonia si riassestavano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4%, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo (-38,8%).
Come ci si informa? Al primo posto ci sono telegiornali e Facebook, ma i primi rafforzano la loro utenza (il 65% nel 2018) mentre nell’ultimo anno Facebook ha subito una battuta d’arresto (-9,1% di utenza a scopi informativi). Il calo ha coinvolto anche YouTube (-5,3%), Twitter (-3%) e la rete in generale (i motori di ricerca hanno perso il 7,8% di utenza a fini informativi). In particolare, Facebook perde il 15,8% degli utenti a scopi informativi tra gli under 30 (dal 48,8% al 33%), i motori di ricerca passano dal 25,7% al 16,5% (-9,2%), YouTube dal 20,7% al 17,6% (-3,1%), Twitter dal 10,6% al 3,9% (-6,7%). Solo il 14,8% degli italiani ha letto i quotidiani cartacei negli ultimi sette giorni per informarsi (e solo il 3,8% dei giovani). La radio ottiene il primato della credibilità, con il 69,7% di italiani che la considerano molto o abbastanza affidabile; seguono la tv e la stampa; nella posizione bassa della classifica ci sono invece i siti web d’informazione – solo il 42,8% degli italiani li considera credibili – e ultimi in classifica i social network, ritenuti non del tutto affidabili dal 66,4% degli italiani. Sono gli anziani a essere i più diffidenti (78,2%), mentre il 45,8% dei giovani li considera molto o abbastanza credibili.
Quali sono i problemi principali dell’era digitale? Il Censis evidenzia che quelli più segnalati dagli italiani riguardano l’impatto della tecnologia sulla vita e sul vissuto quotidiano. Per il 42,5% il problema numero uno è la diffusione di comportamenti violenti, dal cyber-bullismo alle diffamazioni e intimidazioni online. Al secondo posto, il 41,5% colloca la protezione della privacy. Segue il rischio della manipolazione delle informazioni attraverso le fake news (40,4%) e poi la possibilità di imbattersi in reati digitali, come le frodi telematiche (35,5%). Solo a grande distanza vengono citati problemi di sistema, come l’arretratezza delle infrastrutture digitali del Paese e l’inadeguatezza dei servizi online della pubblica amministrazione (14,9%), oppure le minacce all’occupazione che possono venire da algoritmi, intelligenza artificiale e robotica (10,5%).