L’articolo pubblicato in Gazzetta del Sud sui disagi dei cittadini e denominato “rubinetti a secco in città aspettando l’acqua del Menta” ha dell’incredibile e denota ormai la frenetica attività del Comune di Reggio Calabria di arrampicarsi sugli specchi pur di smarcarsi da una situazione divenuta ormai insostenibile.
E’ quanto sostiene l’Avv. Saverio Cuoco, presidente regionale dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria ribadendo che come se non bastassero i disagi arrecati ai cittadini reggini sulla mancata erogazione del servizio idrico, il Comune, per giustificare la mancata riduzione del canone di tale servizio (in costanza di ordinanza di non potabilità), tira fuori dal cilindro il principio contenuto in una sentenza della Corte Costituzionale che prevede l’impossibilità di procedere con il taglio diretto della tariffa perché giudicato incostituzionale in quanto in questo modo, si violerebbe il principio che “il tributo deve coprire i costi del servizio”.
Si mente sapendo di mentire, perchè tale principio non viene applicato al servizio idrico, perché tale tariffa, costituita anche dalla quota per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, si configura, in tutte le sue componenti, non come tributo, ma quale “corrispettivo” di una prestazione commerciale complessa, che trova la sua fonte nel contratto di somministrazione stipulato dal Comune e gli utenti in condizioni di parità. Da ciò ne deriva l’esclusione della natura tributaria di tale canone.
Ed è la stessa Corte Costituzionale a ribadirlo con propria sentenza, statuendo che: il rapporto intercorrente tra un Comune e il cittadino ha, invero, natura privatistica e non tributaria, giacché il pagamento eseguito dall’utente non discende da una mera imposizione fiscale ma è il corrispettivo dovuto a fronte di un servizio offerto dall’ente comunale ed alla luce della riconosciuta natura privatistica del corrispettivo pagato dall’utente dei servizi idrici integrati, la giurisdizione appartiene al Giudice Ordinario, dichiarando l’illegittimità costituzionale della normativa nella parte in cui attribuiva la giurisdizione del giudice tributario in tali controversie.
Se l’approfondimento del Comune in tale materia fosse stato un po’ più accurato e meno “superficiale” avrebbe inoltre accertato che su tale argomento si è espressa anche la Corte di Cassazione con sentenza del 2015 sancendo il seguente principio: “se l’acqua che scende dal rubinetto dell’abitazione non è potabile, l’utente ha diritto alla riduzione del canone e al risarcimento del danno, rammentando che la bolletta dell’acqua non è una tassa, ma un canone per un servizio, per cui, se il servizio non viene adempiuto correttamente, all’utente spetta la restituzione dei soldi versati ed eventualmente, il risarcimento per essere stato costretto ad approvvigionarsi a fonti alternative e certamente più costose”.
Infine la stessa Corte di Cassazione con sentenza del 2017 sostiene che la pretesa di pagamenti del Comune, basata su un consumo minimo presunto o a “forfait” è illegittima in quanto l’importo del canone da corrispondere da parte dell’utente deve essere quantificato previa misurazione a contatore sulla base dei consumi, conformemente al principio di corrispettività proprio di un contratto sinallagmatico quale quello di somministrazione dell’acqua.
A tale proposito la quasi totalità delle fatture inviate alle famiglie reggine prevede una fatturazione stimata, incomprensibilmente anche laddove con buona volontà e spirito collaborativo degli utenti, hanno provveduto a comunicare l’autolettura.
L’Unione Nazionale Consumatori Calabria pertanto, continuerà a non partecipare (come per il passato), a nessun incontro estemporaneo e di facciata, programmato tra il comune e le associazioni di consumatori, fintanto che non vengano ristabiliti e riconosciuti i legittimi diritti dei cittadini quotidianamente lesi anche da un servizio idrico fatiscente.