In dieci anni sono triplicati i bambini in povertà assoluta in Italia: sono 1,2 milioni. Ed è una piaga in crescita la povertà educativa
Italia vietata ai bambini. Negli ultimi dieci anni il numero dei minori che vive in povertà assoluta è più che triplicato ed è passato dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Oggi sono 1,2 milioni i bambini che non hanno i beni indispensabili per condurre una vita accettabile: senza cibo adeguato e in grave disagio abitativo.
La crisi economica che si è abbattuta sul paese fra il 2011 e il 2014 ha trasformato la povertà dei minori in una vera emergenza sociale. Resa ancora più acuta dalla spirale negativa che si instaura con la povertà educativa, che è una piaga in crescita. Sono bambini senza libri – quasi uno su due non legge un libro oltre a quelli scolastici – senza possibilità di fare sport e senza accesso a cinema, teatro, spettacoli. I minori che non svolgono sufficienti attività culturali sono ancora 7 su 10, con grandi differenze fra regioni.
È la fotografia allarmante che emerge dall’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children dal titolo “Il tempo dei bambini”, che fa il bilancio della condizione dei bambini e adolescenti in Italia negli ultimi dieci anni. L’Atlante è stato presentato in occasione della nuova edizione della campagna “Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa. Ne emerge un quadro di grandi disuguaglianze e un Paese «vietato ai minori», commentano da Save the Children.
«Nell’ultimo decennio insieme alle diseguaglianze intergenerazionali, si sono acuite le diseguaglianze geografiche, sociali, economiche, tra bambini del Sud, del Centro e del Nord, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e delle classi ghetto. Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro – spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children – Un paese “vietato ai minori”, che negli ultimi dieci anni ha perso di vista il suo patrimonio più importante: i bambini».
Povertà assoluta: senza un’alimentazione adeguata né una casa
I numeri diffusi da Save the Children, spietati in questa fotografia, dicono che in Italia oltre 1,2 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, un dato che nel corso degli ultimi 10 anni è triplicato, passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Un record negativo tra i Paesi europei che ha visto un peggioramento negli anni più duri della crisi economica, tra il 2011 e il 2014. In termini assoluti, significa che nel 2008 erano in povertà assoluta circa 375 mila bambini, mentre nel 2014 già sfioravano 1.200.000. Oggi sono 1,26 milioni (563mila nel mezzogiorno, 508mila a nord e 192mila al Centro).
La tendenza non cambia nemmeno per quei bambini e adolescenti che sono entrati a far parte della schiera della “povertà relativa”, che nel 2008 erano 1.268.000 e che a dieci anni di distanza sono diventati 2.192.000. Fortissimi i divari territoriali, che emergono soprattutto nell’analisi della povertà relativa: se in Emilia Romagna e Liguria poco più di un bambino su 10 vive in famiglie con un livello di spesa molto inferiore rispetto alla media nazionale, questa condizione peggiora in regioni del Mezzogiorno come la Campania (37,5%) e la Calabria (43%).
Questa povertà significa brutalmente che manca lo stretto indispensabile per una vita dignitosa: alimentazione e casa adeguate. Sono circa 500.000 i bambini e ragazzi sotto il 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) che crescono in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280.000 sono costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. Nel 2018, 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari.
La povertà dei minori si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti: in un paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14% dei minori ha patito condizione di grave disagio abitativo.
Povertà educativa, piaga in crescita
Ma c’è anche la povertà educativa, che investe cultura, sport e possibilità di crescita.
«La povertà economica è spesso correlata alla povertà educativa, due fenomeni che si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione – aggiunge Save the Children – Nel nostro paese 1 giovane su 7 ha abbandonato precocemente gli studi, quasi la metà dei bambini e adolescenti non ha letto un libro extrascolastico in un anno, circa 1 su 5 non fa sport».
Di più. In Italia aumentano i «disconnessi culturali» e allo stesso tempo aumentano gli «iperconnessi» alla Rete.
Cosa significa? Si parla di deprivazione culturale nella fascia d’età 6-17 anni quando in un anno non si ha accesso ad almeno quattro attività fra teatro, cinema, musei e mostre, concerti, siti archelogici e monumenti, spettacoli sportivi. In un paese che ha disinvestito sulle politiche sociali e sull’infanzia, la povertà educativa è una piaga in crescita.
Accade così che quasi un un minore su 2 non legge un libro oltre a quelli scolastici durante l’anno, con profondi divari regionali, che vedono Campania (il 64,1%), Calabria (65,9%) e Sicilia agli ultimi posti (68,7%). E se nel 2008 i “non lettori” erano il 44,7%, questa percentuale è salita dopo dieci anni al 47,3%. La deprivazione culturale è andata diminuendo e la percentuale dei disconnessi culturali è scesa ma, spiega Save the Children, i minori che non svolgono sufficienti attività culturali restano ancora 7 su 10, con i consueti divari tra le regioni. E anche lo sport è un privilegio: circa un minore su 5 (tra i 6 e i 17 anni) non pratica sport e il 15% svolge solo qualche attività fisica.
Sono però ragazzini molto presenti online. «Bambini e ragazzi che leggono sempre meno, fanno poco sport e che non sono sottoposti a stimoli culturali, sono invece iperconnessi: nell’ultimo decennio – aggiunge l’associazione – si è assistito a una rivoluzione che ha portato all’aumento esponenziale dei minori che usano ogni giorno la Rete. Nel 2008 il 23,3% dei minori non usava quotidianamente Internet, quota che è scesa nel 2018 a solo il 5,3%, con una riduzione del digital divide tra Nord e Sud del paese»