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ECONOMIA CIRCOLARE: PER L’ITALIA, UNA CORSA A OSTACOLI

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Legambiente lancia al Governo e al Parlamento la sfida per dare finalmente il via in Italia ad un vero sviluppo dell’economia circolare. Dieci proposte pratiche che mirano ad abbattere le barriere ancora oggi presenti che stanno rallentando la corsa verso questo modello. Il 33% dei rifiuti urbani, pari a 55 milioni di tonnellate, sono in attesa di sapere come essere smaltiti.Si tratta di prodotti assorbenti per la persona, rifiuti da costruzione e demolizione, plastiche miste e carta da macero.

Ma anche oli di frittura, rifiuti da spazzamento, gomma vulcanizzata granulare, ceneri di altoforno e scorie di fonderia. I decreti End of waste (Eow) che semplificherebbero il loro riciclo e ridurrebbero il loro conferimento in discarica, negli inceneritori o il loro smaltimento illegale, sono bloccati impedendone la via verso lo smaltimento.

A frenare il decollo dell’economia circolare in Italia non vi è solo la mancata approvazione dei decreti EoW ma anche una burocrazia asfissiante e il mancato consenso sociale per la realizzazione dei fondamentali impianti di riciclo che frenano il decollo di questo modello di sviluppo economico, al centro delle direttive europee, e che trasforma i rifiuti da problema a risorsa.

“Il 2018”, dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “è stato l’anno dell’approvazione del pacchetto europeo sull’economia circolare, ma il 2019 dovrà essere un anno determinante per la sua attuazione. Perché questo avvenga è necessario però rimuovere gli ostacoli non tecnologici che nel nostro Paese sono ancora presenti”.

Secondo il parere dell’associazione, “Quello di cui il Paese in primis ha bisogno, per far decollare l’economia circolare, è una norma efficace sull’End of waste, servono poi più impianti per il riciclo e il riuso dei rifiuti urbani e speciali rendendo autosufficienti le regioni, una tariffa puntuale e obbligatoria per ridurre e prevenire la produzione dei rifiuti grazie ai sistemi di raccolta domiciliare, sul modello di quanto già fatto con legge regionale in Emilia Romagna o Lazio, una nuova ecotassa sui rifiuti in discarica basata sui quantitativi pro capite di secco residuo smaltito. Senza dimenticare di costruire un mercato dei prodotti realizzati con le norme relative al Green Public Procurement (GPP) e l’applicazione obbligatoria dei Criteri ambientali minimi (Cam) nelle gare d’appalto, di rafforzare il sistema dei consorzi obbligatori senza pensare a ulteriori aperture al mercato che hanno sempre fallito in questo settore nel passato. È urgente anche garantire più controlli lungo tutta la filiera dei rifiuti, urbani e speciali, per combattere la concorrenza sleale e i traffici illeciti con l’emanazione dei decreti ministeriali della legge 132/2016 che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente formato da Ispra e dalle Arpa. Una più incisiva azione di controlli a tappeto sul territorio nazionale serve ad esempio anche a contrastare la vendita dei sacchetti fuori legge, garantire il rispetto del bando dei cotton fioc non compostabili, valutare la regolarità delle fideiussioni degli impianti di gestione rifiuti. Tra le altre norme a favore dell’economia circolare che devono vedere al più presto la luce, l’approvazione in tempi rapidi del disegno di legge Salvamare sulla plastica monouso predisposto dal ministro dell’ambiente Sergio Costa unificandone i contenuti con il pdl sul fishing for litter presentato a Montecitorio dalla deputata Rossella Muroni per permettere ai pescatori di fare gli spazzini del mare, e poi far in modo che nei supermercati per l’acquisto dell’ortofrutta si utilizzi sempre meno plastica monouso emanando una circolare del Ministero della Salute per sbloccare l’uso delle retine riutilizzabili”. 

Legambiente ricorda che con l’approvazione del pacchetto di direttive europee dell’economia circolare sono stati introdotti obiettivi di preparazione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti: 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035. E su questi l’Italia è ancora indietro, come indica l’Ispra nel suo ultimo rapporto presentato nel dicembre scorso: in Italia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 43,9%, considerando tutte le frazioni contenute nei rifiuti urbani.

“Per raggiungere i nuovi target di riciclo dettati dalla normativa europea appena approvata”, spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, “servono gli impianti, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica, che rappresenta il 40% del quantitativo raccolto con la raccolta differenziata”.

Ad oggi gli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dell’organico intercettano 3 milioni di tonnellate di rifiuti, meno della metà di quanto raccolto. “Considerando che nei prossimi anni la raccolta differenziata dell’umido aumenterà ancora, soprattutto al centro sud”, aggiunge Zampetti, “è evidente che per arrivare a rifiuti zero in discarica o negli inceneritori serve realizzare mille impianti di riciclo e riuso”.