di Lucia Izzo
Aggredire un animale con un calcio, provocandogli lesioni, può costare la condanna per il reato di maltrattamento di animali. La Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 6728/2019 (qui sotto allegata) non ha potuto far altro che confermare definitivamente la condanna per maltrattamento di animali nei confronti dell’imputato.
L’uomo era stato sottoposto alla pena prevista dall’art. 544-ter c.p. per avere volontariamente colpito un cagnolino di jack russel con un violento calcio, sbattendolo così contro un muro, e cagionandogli lesioni personali nella zona toracica, giudicate guaribili in sette giorni.
La norma, si rammenta, punisce con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro, chiunque, per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.
L’uomo contesta in Cassazione la condanna comminatagli dalla Corte d’Appello che, invece, gli Ermellini ritengono di confermare. Il giudice a quo, spiegano gli Ermellini, ha logicamente argomentato desumendo la prova della penale responsabilità dell’imputato dalle dichiarazioni della persona che stava conducendo il cane a passeggio, quando questo fu inopinatamente aggredito.
Calcio al cane? Si rischia la condanna per maltrattamenti
Le dichiarazioni della testimone, amica dei proprietari dell’animale, sono state stimate pienamente attendibili, non essendo emerso né un interesse personale, né motivi di risentimento o rancore nei confronti dell’imputato, che la donna nemmeno conosceva.
Inoltre, la condotta violenta è confermata anche dalla certificazione sanitaria che aveva mostrato le lesini subite dal cagnolino.
Inutile per l’uomo contestare che gli altri testimoni presenti non si fossero accorti del fatto: uno, per sua stessa ammissione, era rivolto dal lato opposto rispetto a quello in cui si verificò e gli altri due testi, entrambi ultranovantenni e con evidenti patologie uditive, erano comunque distanti dieci-venti metri dal luogo dell’accaduto ed erano per di più seduti. Stante anche la repentinità dell’azione, era ben possibile che costoro non si fossero accorti di nulla.
Si tratta di una motivazione adeguata e non manifestamente illogica che, quindi, supera il vaglio di legittimità. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.