Brevi deduzioni e riflessioni sulla tutela del conduttore ai tempi del Covid alla luce della recente pronuncia del Tribunale di Roma
Locazioni commerciali e Covid-19
All’indomani dell’emanazione dei noti DPCM di ottobre, con i quali vengono imposte nuove misure restrittive anti-contagio per l’esercizio delle attività commerciali (tra queste, in particolare, giova menzionarsi l’obbligo di chiusura dei locali alle 24:00 e i “coprifuoco selettivi”), diventa sempre più urgente appurare quali siano gli strumenti di tutela a disposizione dei conduttori di immobili commerciali, che siano destinatari di ingenti restrizioni legate all’emergenza causata dal Covid-19.
Cercheremo, seppur in estrema sintesi, di evidenziare gli istituti giuridici astrattamente invocabili dal conduttore per ottenere la riduzione dei canoni di locazione durante tutto il periodo di permanenza delle misure restrittive imposte dal legislatore, oltre all’eventuale astratta possibilità di ottenere ristoro per i danni eventualmente subiti a causa dell’ingiustificato rifiuto, da parte del locatore, a voler rinegoziare il contratto.
Gli effetti della pandemia sui contratti di locazione commerciale
Con specifico riferimento ai contratti di locazione c.d. “commerciale” o non abitativa, l’epidemia ha avuto un duplice effetto:
– dal lato del locatore, le misure di contenimento imposte dal legislatore hanno reso di fatto inutilizzabili, ovvero servibili solo in parte, i beni immobili oggetto della locazione, determinando così una riduzione del valore intrinseco della prestazione per causa non imputabile al proprietario;
– dal lato del conduttore, per converso, l’annullamento o la riduzione della capacità produttiva dell’immobile locato, e la conseguente contrazione delle risorse finanziarie disponibili, può aver reso eccessivamente gravoso il compenso pattuito ab origine tra le parti rispetto alle ragionevoli aspettative dell’impresa conduttrice al momento della conclusione del contratto.
Le decisioni dei giudici di merito
In primo luogo giova rilevare come già da qualche mese siano state emanate diverse pronunce (seppur non definitive) a favore dei conduttori di immobili ad uso diverso da quello abitativo.
Senza dubbio, per il suo tenore innovativo, la pronuncia più interessante è quella del Tribunale di Roma (27 agosto 2020 sotto allegata), con la quale il giudice – in accoglimento della domanda cautelare ex art. 700 c.p.c. – ha disposto la riduzione del 40% dei canoni di locazione per i mesi di aprile e maggio 2020, nonché la riduzione del 20% per i canoni da giugno 2020 a marzo 2021.
La decisione del tribunale di Roma
Il Tribunale di Roma ha fondato la propria decisione sul presupposto che il sinallagma contrattuale sia stato fortemente stravolto dalle restrizioni legate al periodo di crisi socio-sanitaria senza precedenti che stiamo vivendo.
Alla luce della suddetta premessa giuridica, tenuto conto che il repentino mutamento dell’equilibrio contrattuale non fosse ascrivibile a responsabilità di nessuno dei contraenti, il tribunale ha fatto uso di uno dei principi contrattuali più importanti, seppur troppe volte sottovalutato e dimenticato: più precisamente ci si riferisce al principio di esecuzione del contratto secondo buona fede ex art. 1375 c.c.
In altri termini, con una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni di cui agli artt. 1374 e 1375 c.c., il tribunale di Roma ha desunto in primo luogo un generale potere di integrazione giudiziale del contratto, ed in secondo luogo uno specifico potere di rinegoziazione d’imperio dei canoni di locazione dovuti, proprio in considerazione del grave squilibrio del sinallagma contrattuale verificatosi per cause totalmente avulse dalla volontà delle parti e sicuramente non ascrivibili a responsabilità di nessuna di loro. Ad ulteriore sostegno del proprio iter argomentativo, il giudice ha richiamato la disciplina dell’impossibilità parziale sopravvenuta, in funzione della quale il conduttore, destinatario di una prestazione “imperfetta” (cioè un immobile con minor capacità produttiva a causa delle restrizioni), avrebbe diritto ad una corrispondente riduzione della propria controprestazione, ossia il canone di locazione.
Una tesi innovativa
La tesi appare senza dubbio di portata innovativa, ma convincente.
Ed infatti, è indubbio che, in certi casi, le disposizioni di sicurezza emanate dal governo nella forma dei noti DPCM abbiano comportato e comportino tutt’ora, ancor più alla luce delle ultime disposizioni del 13 ottobre 2020, una notevole limitazione della capacità di sfruttamento degli immobili offerti in godimento (ad esempio a causa del forte contingentamento degli ingressi nei negozi, del distanziamento tra tavoli e sedute nei bar e ristoranti, ovvero della chiusura anticipata dei locali in genere alle 24:00), e ciò in misura ancora più accentuata laddove si tratti di immobili con spazi interamente chiusi e senza possibilità di sfruttamento delle aree esterne.
Tutto questo rende estremamente difficoltoso l’adempimento delle prestazioni poste a carico del conduttore.
Abbiamo visto come alcuni locatori stiano, quindi, domandando la risoluzione del contratto per inadempimento, in forza dell’omesso e/o ritardato pagamento dei canoni di locazione, od ancora intimando lo sfratto per morosità. A tal riguardo, tuttavia, giova rilevare come questa condotta consentirebbe, inoltre, di non pagare l’indennità di avviamento, se astrattamente dovuta ai sensi di legge.
A parere di chi scrive, la parte (in questo caso il locatore) che approfitti del notevole squilibrio contrattuale senza precedenti, non imputabile a colpa di uno dei contraenti ed avulso dalla causa del contratto di locazione medesimo, viola il disposto di cui all’art. 1375 c.c., sicché ben potrebbe essere chiamato anche a rispondere dei danni subiti dal conduttore, tra cui – a mero titolo esemplificativo – sarebbe da menzionare proprio la eventuale perdita dell’avviamento.
In definitiva, una emergenza socio-sanitaria come quella che stiamo vivendo richiede, ora più che mai, un deciso richiamo sia dei principi costituzionali, sia di quelli generali del diritto civile.
A tal proposito, è evidente come la ricerca di un accordo bonario tra le parti possa rappresentare – nella maggior parte dei casi – una soluzione rapida, ragionevole e conforme ai nobili principi solidaristici ben definiti nella nostra Carta costituzionale. In difetto, gli operatori del diritto (Giudici e Avvocati in primis) stanno lavorando – come si è visto – alla creazione del diritto vivente, che avrà senza dubbio ripercussioni future sulla economia del Paese.
La pronuncia del Tribunale di Roma, qui ancora menzionata per la sua ampia portata innovativa, apre la porta a tanti scenari e soluzioni giuridiche che meriteranno ulteriore approfondimento nei prossimi mesi.
Ciò nonostante, per completezza, occorre rilevare come – ad oggi – siano stati emanati svariati provvedimenti in materia, sia a favore dei locatori, che dei conduttori, anche in considerazione del fatto che – come è ovvio – ogni situazione gode delle peculiarità tipiche del caso concreto e non si sia ancora creato un orientamento pacifico in materia.