Solo 11 delle 44 giurisdizioni classificate mettono in pratica, in modo attivo o moderato, la Anti-Bribery Convention Transparency International, la convenzione OCSE contro la corruzione internazionale. Lo rileva Transparency International che pubblica oggi il Report Exporting Corruption – Assessing Enforcement of the OECD Anti-Bribery Convention. Secondo il Report l’Italia è fra i paesi più virtuosi, insieme a Germania, Israele, Norvegia Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti (applicazione attiva); e Australia, Brasile, Portogallo, Svezia (applicazione moderata).
Quattro Paesi che rappresentano il 6,7% delle esportazioni mondiali, registrano livelli di applicazione in calo (Austria, Canada, Finlandia e Corea del Sud).
Transparency International ha valutato l’applicazione della Convenzione OCSE nei Paesi firmatari dal 2014 al 2017, in base alla loro quota di esportazioni globali, e li ha classificati in quattro categorie di efficacia: “attivo”, “moderato”, “limitato”, e “poco o nessuno”. I Paesi esaminati sono responsabili di oltre l’80% delle esportazioni mondiali. La valutazione riguarda l’applicazione della legge in diverse fasi: il numero di indagini avviate, i processi aperti e quelli conclusi con sanzioni.
“Gli sforzi normativi degli ultimi anni e la crescente efficacia di procedure e Guardia di Finanza nel perseguire i reati di corruzione hanno portato l’Italia nel gruppo dei migliori” commenta il Presidente di Transparency Italia, Virginio Carnevali. “Questo non significa che le aziende italiane, o quelle dei Paesi nella stessa fascia di classifica, si comportino meglio delle altre, ma che il sistema repressivo si è dimostrato più efficace di altri”.
I casi presi in esame per l’Italia coinvolgono colossi quali ENI, Saipem, Agusta Westland e Techint fra le altre, ree secondo i pubblici ministeri di aver facilitato i propri affari all’estero tramite l’uso di mazzette. Nel caso della Techint l’accusa riguarderebbe un giro di tangenti in Brasile, nella cornice dello scandalo Lava Jato, con il fine di propiziare l’aggiudicazione a Confab, società di Techint, di forniture di tubi per oleodotti.
“Quello della corruzione internazionale è un reato particolarmente grave, le cui implicazioni vanno ben oltre il danno palese, riuscendo ad affossare l’intera economia di Paesi dove le mazzette sono la norma, come la Libia e la Nigeria”, commenta il Direttore, Davide Del Monte, “arricchendo dall’altro lato quelle multinazionali che si fanno meno scrupoli a giocare sporco”.
Oltre a intensificare gli sforzi di applicazione, Transparency International Italia raccomanda per il nostro Paese di: estendere al settore privato le tutele per chi segnala corruzione sul posto di lavoro, i cosiddetti whistleblower; implementare una riforma più ampia del sistema di giustizia penale; sviluppare un sistema di follow-up più efficiente dei casi penali attraverso un database online; garantire materiali e risorse umane adeguate all’interno del sistema giudiziario; migliorare la gestione e l’accessibilità delle informazioni su indagini e azioni penali relative a casi di corruzione all’estero; aumentare l’uso di opendata sia nelle istituzioni che nel privato; partecipare alla Extractive Industries Transparency Initiative per promuovere una buona governance nei settori petrolifero, del gas e minerario.