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CONSUMI: MENO 2530 EURO A FAMIGLIA DAL 2011

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Meno 2530 euro a famiglia dal 2011. Previsioni nere in caso di aumento dell’Iva. E consumi che sono tornati a frenare quest’anno. Il quadro che emerge dai dati diffusi oggi da Confesercenti non può certo passare inosservato alle associazioni dei consumatori, che parlano di un quadro sconfortante. E di una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della crisi dei consumi che c’è stata e c’è tuttora in Italia e della difficoltà delle famiglie che tagliano anche la spesa per il cibo: meno 300 euro e più.

 

“Sono il motore principale del nostro Pil e uno degli indicatori fondamentali del benessere della società, ma la loro ripresa è a rischio. Dopo una breve e debole ripartenza, nel 2019 i consumi delle famiglie – responsabili di circa il 60% del valore aggiunto italiano – sono tornati a frenare e si avviano a registrare il peggior risultato degli ultimi quattro anni, con i prevedibili effetti sul tessuto delle imprese commerciali delle nostre città – dice Confesercenti presentando un focus su commercio e consumi all’insegna del tema “L’Italia che non cresce” –  Ed anche il 2020 è pieno d’incognite, in un’economia in stagnazione schiacciata tra la spada di Damocle dell’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia e l’attesa per gli effetti del Reddito di Cittadinanza”.

Nel 2018 la spesa media annuale in termini reali è stata di 28.251 euro, 2.530 euro in meno rispetto al 2011 (-8,2%) per un totale di 60 miliardi di minore spesa. Il risparmio investe quasi tutti i settori fatta eccezione per istruzione e sanità. La spesa per il cibo cala di 322 euro. Quella per l’abbigliamento di 280 euro. Giù le spese per la casa (1100 euro in meno), per gli spettacoli (meno 182 euro) e per le comunicazioni  (meno 164 euro). In proporzione è la voce comunicazioni ad aver perso di più: la flessione della spesa è del 19%. Gli italiani spendono di meno anche per gli smartphone, la passione nazionale. Impressionante anche la riduzione del budget impegnato sugli alimentari: una voce di consumo che un tempo si riteneva una ‘spesa incomprimibile’, e che invece ha perso il 6%. Crescono invece le spese per la sanità (+12,1%) e l’istruzione (+24,7%).

E il lieve aumento di consumi che ci potrebbe essere da qui al prossimo anno rischia di essere vanificato dall’aumento dell’Iva, che farebbe diminuire di 8,1 miliardi di euro la spesa delle famiglie. Sarebbero 311 euro di minori consumi a testa, stima Confesercenti.

“Dati sconfortanti, che confermano quanto andiamo denunciando da anni – commenta davanti a questi numeri Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Se i consumi in termini nominali sono lievemente cresciuti, quelli reali sono ancora inferiori rispetto ai valori pre-crisi. Un fatto molto preoccupante, considerato che la spesa delle famiglie rappresenta il 60% del Pil. Fino a che gli italiani continuano a stringere la cinghia non si potrà avere una crescita significativa, superiore agli zero virgola a cui purtroppo ci siamo orami abituati. Per questo la priorità del Governo dovrebbe essere il rilancio della capacità di spesa delle famiglie, in particolare di quel 50% di italiani che ancora fatica ad arrivare a fine mese. In tale contesto, il rialzo dell’Iva sarebbe letale”.

Per il Codacons è la conferma della crisi dei consumi italiana e del fatto che le famiglie sono state costrette a rinunce negli acquisti e a tagli anche sul cibo. “Consumatori e commercianti si ritrovano ancora una volta uniti nel denunciare la forte riduzione dei consumi, che non ha eguali nei principali paesi Ue – dice il presidente Carlo Rienzi – La situazione nel 2019 non è destinata a migliorare, e solo ieri l’Istat ha stimato un rallentamento della spesa delle famiglie, che crescerà appena dello 0,5% nell’anno in corso, numeri del tutto insufficienti a colmare il gap con il passato. In tale quadro pesa la spada di Damocle delle clausole di salvaguardia: in caso di ritocco delle aliquote Iva, infatti, i consumi degli italiani subiranno una ulteriore contrazione con una riduzione complessiva della spesa delle famiglie, a regime, pari a -27,5 miliardi di euro, con conseguente colpo di grazia per il settore del commercio”.