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CONDANNATO CHI URLA DI NOTTE PER FAR SMETTERE DI ABBAIARE I CANI

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L’atto di urlare di notte è idoneo a disturbare potenzialmente la quiete e il riposo di un numero indeterminato di persone. La tranquillità pubblica, essendo un particolare aspetto dell’ordine pubblico, è salvaguardata dallo Stato.

Il Tribunale competente aveva emesso una pronuncia di condanna, al pagamento di 900 euro di ammenda, nei confronti di una donna condannata per aver disturbato le occupazioni ed il riposo delle persone mediante schiamazzi, affacciandosi di notte alla finestra urlando e fischiando.

 

Avverso tale sentenza, la donna ha proposto ricorso in Cassazione.

Secondo la difesa dell’imputata, la reazione esasperata della donna era stata il frutto di una annosa problematica, ovvero il disturbo provocato dai cani del vicino. Difatti, l’eccessivo disturbo causato, sia di giorno che di notte, dai cani del quartiere in cui risiedeva l’imputata aveva portato la donna a fischiare contro gli animali al fine di farli smettere, pronunciando anche il nome del proprietario del cane disturbante allo scopo di invitarlo a una migliore educazione. Dunque, a parere della difesa non era stato leso l’ordine pubblico, quale tranquillità sociale e bene giuridico tutelato dalla norma.
Nel giudizio in Cassazione, i Giudici hanno confermato la pronuncia di condanna. A parere della Corte, il Tribunale aveva correttamente accertato il superamento dei limiti della normale tollerabilità causato dalle urla e dai fischi.

Per meglio dire, secondo la Cassazione, tali attività erano idonee a disturbare potenzialmente la quiete ed il riposo di un numero indeterminato di persone, considerando la loro intensità, le ore del giorno e della notte in cui venivano posti in essere, la concreta percezione da parte di una pluralità di soggetti e la loro durata negli anni.

In definitiva, la Cassazione ha evidenziato che la valutazione sull’entità del fenomeno rumoroso deve essere compiuta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui il fenomeno rumoroso si verifica, considerate le circostanze di luogo e tempo della azione. In questo caso, la rilevanza penale riguardava le grida notturne della signora. Per le suesposte ragioni, il ricorso è stato rigettato ed è stata confermata la pronuncia di condanna.