“Bene l’obbligo di indicare l’origine di grano e riso in etichetta. Ma per la trasparenza serve anche una descrizione accurata e comprensibile di tutto il processo produttivo: è l’etichetta narrante”. Così Slow Food commenta su twitter l’entrata in vigore, qualche giorno fa, dell’obbligo di origine del riso e del grano per la pasta in etichetta. Si tratta di provvedimenti, spiega Slow Food, che “la grande industria ha cercato di osteggiare ma che l’Italia, per fortuna, ha scelto di portare avanti, nonostante qualcuno adombrasse il rischio di uno stop da parte dell’Unione Europea”.
Le nuove etichette riportano il Paese di coltivazione e quello di molitura per il grano, quello di coltivazione, di lavorazione e di confezionamento per il riso. Sono giudicate dal Slow Food un passo avanti significativo verso il “diritto del consumatore di essere informato in maniera adeguata sulla provenienza del cibo che mette in tavola”. Per Slow Food si deve puntare a innalzare la qualità complessiva delle produzioni. E orientarsi quindi verso un’informazione aggiuntiva, una “contro-etichetta” che affianchi quella legale e dia informazioni sui produttori, sulle varietà vegetali, sulle tecniche di coltivazione e di allevamento seguite. Dice Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia: “Un’etichetta più trasparente dovrebbe riportare non soltanto le informazioni sull’origine ma anche una descrizione accurata e comprensibile dell’intero processo produttivo. È il concetto che sta alla base della proposta, a noi molto cara, dell’etichetta narrante. Uno strumento che serve da un lato a valorizzare le diverse aree geografiche, dall’altro a premiare coloro che si dimostrano più attenti alla qualità e alla sostenibilità ambientale del proprio lavoro”.