Sono 7milioni 338mila le donne che si dichiarano casalinghe nel nostro Paese (Istat, 2017): una collettività composta prevalentemente da persone di età media superiore a 60 anni (41% del totale) che danno vita ad un piccolo esercito di lavoratrici che, se dovessero percepire uno stipendio per tutti i lavori svolti dentro e fuori casa, potrebbero arrivare a guadagnare fino a 3.045 euro netti al mese. L’infinita serie di prestazioni a costo zero, tra l’altro, non è affatto priva di rischi.
Ecco quindi che fare la casalinga, infatti, diventa un mestiere difficile e a volte pericoloso.Lo testimoniano i dati raccolti da ANMIL che ha condotto uno studio sulla categoria rivelando che ogni anno sono oltre 3 milioni gli incidenti domestici e le vittime principali sembrano essere proprio le donne che lavorano in casa. Risulta infatti che sono circa 600.000 le casalinghe coinvolte in un incidente domestico: l’8,2% del totale delle casalinghe presenti nel nostro Paese.
La cucina è l’ambiente della casa nel quale avviene il 63% degli incidenti. Le altre stanze della casa sembrano essere decisamente più “sicure”: in camera da letto dove si verifica il 10% degli incidente, in soggiorno il9% e sulle scale l’8%. Un altro 8% degli incidenti delle casalinghe avviene in bagno, generalmente a seguito di caduta sulle superfici scivolose dei sanitari (vasca, doccia) e del pavimento.
Quali sono le conseguenze di questi eventi? Principalmente lesioni come le fratture (36%), seguono, con il 18,5%, le ustioni, provocate in genere da pentole, fornelli, ferro da stiro, olio bollente o acqua/vapore bollente. Le ferite da taglio o punta causate da coltelli o altri oggetti taglienti presenti in casa, rappresentano il 15% degli incidenti occorsi alle casalinghe (circa 90.000 casi l’anno).
Dato l’alto numero di soggetti coinvolti negli infortuni domestici e tenendo conto anche della conseguenze piuttosto gravi che in alcuni casi questi possono lasciare, la Legge 493/1999, entrata in vigore il 1° marzo 2001, ha istituito l’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico, meglio conosciuta come “assicurazione casalinghe”. È la prima legge in materia in Europa e rappresenta una grande conquista per le donne italiane in quanto finalmente viene riconosciuto al lavoro domestico un valore economico oltre che sociale.
Fino al 3 dicembre 2018, la polizza costava 12,91 euro l’anno e garantiva alle casalinghe (ma anche ai casalinghi) una rendita vitalizia di invalidità permanente per infortuni di grado superiore al 26%. L’importo della rendita oscillava da un minimo di 196,50 euro mensili per un’invalidità del 27%, ad un massimo di 1.364,50 euro per il 100%. In caso di infortunio mortale era prevista una rendita mensile pari a 682,20 euro per il coniuge e a 272,90 per ciascun orfano.
Sebbene la Legge abbia molti meriti e riconosca dignità e tutela al valore domestico, molte sono state negli anni le manifestazioni di insoddisfazione da parte dell’utenza che riteneva basso il limite di età fissato dalla legge a 65 anni, che escludeva in pratica i soggetti più fragili, ma soprattutto per la soglia di invalidità (27%) ritenuta troppo elevata.
Sotto la pressione di questi forti segnali ed anche a seguito delle reiterate richieste da parte di varie Associazioni (tra cui l’ANMIL), il sistema di tutela previsto dall’assicurazione casalinghe è stata profondamente migliorato dalla recentissima Legge di bilancio 2019 che ha innalzato il limite di età da 65 a 67 anni e abbassato il grado minimo dal 27 al 16%, prevedendo anche un piccolo indennizzo una tantum per gli infortuni tra 6 e il 15%.
Nonostante questi i miglioramenti alla normativa, che consentiranno ad una platea più ampia di donne di accedere alla tutela assicurativa offerta dall’INAIL e di ottenere, nel caso subiscano un evento infortunistico, prestazioni migliori e più efficaci, sarebbe estremamente importante poter estendere la tutela assicurativa per il lavoro domestico anche alle donne che siano già assicurate presso altre forme di tutela sociale obbligatoria. “L’attuale negazione di questa possibilità”, sottolineano da ANMIL, “non tiene conto della duplice dimensione professionale della donna che, assicurata per l’attività lavorativa svolta al di fuori del contesto domestico, rimane priva di tutele per gli infortuni legati alla gestione della casa e della famiglia. Sarebbe quindi opportuno estendere la protezione assicurativa a tutte le attività svolte fuori dall’abitazione, ma comunque connesse alla cura della famiglia e alla gestione domestica”.