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BAMBINO INVESTITO ATTRAVERSANDO LA STRADA: MADRE CONDANNATA PER OMICIDIO COLPOSO

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Sotto accusa il conducente ma per i giudici della Cassazione anche la mamma va ritenuta responsabile per la morte del figlio in quanto non ha posto in essere le dovute cautele nella fase di attraversamento della strada, non tenendo neanche per mano il bambino.

Bambino investito. Disattenzione fatale, quella della mamma: il bambino – di appena 3 anni di età – attraversa la strada all’improvviso e viene centrato in pieno da un’automobile. Letale l’impatto tra la testa del bimbo e lo specchietto retrovisore esterno della vettura.

 

A finire sotto accusa non è solo la persona alla guida, ma anche la madre della piccola vittima.
Per la donna, già colpita dalla terribile perdita, arriva la condanna a otto mesi di reclusione – con sospensione condizionale della pena – per il reato di “omicidio colposo”.

Vigilanza. Ricostruito nei dettagli il drammatico episodio, verificatosi nel novembre del 2009 a Messina, è stato possibile appurare che «una vettura ha urtato il minore, mentre questi stava attraversando la strada, cagionandogli gravissime lesioni cranio-encefaliche da cui derivava poi la morte».
A essere chiamata in causa dalla giustizia, come detto, non solo la persona alla guida dell’automobile, ma anche la madre del bambino rimasto ucciso.

Per quanto concerne il ruolo della donna, i Giudici messinesi, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, ritengono che ella «ha contribuito a cagionare la morte del figlio» in «cooperazione colposa» con l’automobilista.

La condanna della madre. Consequenziale è la sua condanna a «otto mesi di reclusione», con «sospensione condizionale della pena». E questa decisione viene ora resa definitiva dal pronunciamento della Cassazione, che ritiene evidente come «l’incidente occorso al minore durante l’attraversamento della strada» sia frutto anche della condotta della madre. Quest’ultima, infatti, ha «omesso di esercitare la necessaria vigilanza sul figlio all’atto dell’attraversamento della strada» e in particolare «ha omesso di porre in essere le dovute cautele, come quella di accertarsi previamente che non provenissero veicoli e, soprattutto, quella di tenere per mano il figlio».

In sostanza, la donna va condannata perché, pur «ricoprendo la massima posizione di garanzia sulla vittima, un bambino di appena 3 anni», non ha impedito il verificarsi del drammatico evento.