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VENDITE PIRAMIDALI: DIFFIDATE DALLE PROMESSE DI GUADAGNI FACILI

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“Vuoi guadagnare 1.000 euro l’ora?”. Se partecipando a un meeting, seduti davanti al televisore o navigando su Internet vi viene proposto qualcosa del genere, il consiglio è di lasciar perdere immediatamente. Non si tratta infatti di un’occasione imperdibile, bensì di una delle tante truffe effettuate con sistemi di vendite piramidali. Nonostante in Italia questo tipo di pratiche sia vietato dalla legge, purtroppo continuano a essere tante le persone raggirate. Ecco una serie di informazioni utili per capire in cosa consistono questi sistemi di vendite piramidali – comunemente chiamate catene di Sant’Antonio o, in gergo tecnico, multilevel marketing – e come riconoscere gli inganni.

 

La vendita piramidale non è una tipologia di distribuzione di un prodotto, ma un meccanismo che consiste nel vendere una posizione all’interno di una struttura piramidale. Questa struttura è piramidale in quanto al suo vertice vi è una persona che vende ad altre persone la possibilità di entrare a far parte della piramide a dei livelli sottostanti, promettendo grandi guadagni in cambio del pagamento di una quota d’ingresso. Una volta pagato l’accesso alla struttura, a loro volta queste persone introdurranno altre persone nella piramide e così via. Ricapitolando, come spiega l’Antitrust (Autorità garante della concorrenza e del mercato), i sistemi di vendita piramidali hanno tre caratteristiche: “la promozione è basata sulla promessa di ottenere un beneficio economico; l’avveramento della promessa dipende dall’ingresso di altri consumatori nel sistema; la parte più consistente delle entrate che consentono di finanziare il corrispettivo promesso ai consumatori non risulti da un’attività economica reale”.

Chi ci guadagna e chi ci rimette?

Secondo questo meccanismo, chi sta al vertice della piramide vive di rendita: non è infatti impegnato a vendere nessun prodotto, ma deve solo incassare le quote di ingresso fissate per chi vuole entrare a far parte della struttura. Tutto ciò va a scapito dei soggetti che si trovano nel livello più basso della piramide: più tardi accedono alla struttura, più per loro diventa difficile – se non impossibile – convincere altre persone ad accedere alla piramide.

Come si propone l’ingresso in un sistema di vendita piramidale?

Il reclutamento delle persone da far accedere a questo tipo di sistema avviene solitamente attraverso l’organizzazione di convegni o meeting. Durante questi eventi i vertici della piramide illustrano le possibilità di arricchimento grazie alla modalità di vendita di prodotti che promuovono. Nel farlo spesso si servono di video accattivanti e di testimonianze costruite. Negli ultimi tempi il reclutamento avviene in modo sempre più frequente non solo dal vivo ma anche via Internet. Le persone che partecipano a questi eventi non devono possedere particolari requisiti o competenze per essere reclutate, l’importante è che paghino una quota di accesso. Una volta entrati nella piramide, a loro volta dovranno reclutare altri soggetti e otterranno una percentuale su ogni nuova persona reclutata. Più però il meccanismo va avanti, e più è difficile per gli ultimi arrivati trovare nuovi adepti e rientrare dall’investimento iniziale. L’epilogo è sempre lo stesso: chi ha organizzato il meccanismo scompare una volta incassata la cifra che si era prefissato, tutti gli altri perdono il denaro che avevano investito. In media la vita media di queste strutture è di pochi mesi, al massimo di due anni.

L’esempio della catena di Sant’Antonio

Uno degli esempi più ricorrenti di vendita piramidale sono le catene di Sant’Antonio. Il sistema funziona così: un messaggio, solitamente contenente un invito a compiere un gesto di solidarietà, viene fatto circolare tramite email, What’us Up o i social network (principalmente Facebook) affinché venga inoltrato al maggior numero di utenti. Si tratta di un sistema illegale poiché nella maggior parte dei casi il meccanismo è stato attivato per far circolare denaro in modo illecito.

Che differenza c’è tra vendita piramidale e multilevel marketing?

Nel sistema piramidale il guadagno avviene esclusivamente in base alla capacità di introdurre nuovi affiliati. Ma il guadagno, come detto, se c’è è solo per chi si trova al vertice della piramide. Chi arriva dopo è infatti destinato a non recuperare il corrispettivo della quota di accesso versata. A differenza dei sistemi di vendita piramidali, il multi-level marketing è un sistema di vendita legale che sussiste quando una società, che produce dei beni di consumo (per es. cosmetici, articoli per la casa, libri, ecc.) o che offre dei servizi (prodotti finanziari, contratti di telefonia ecc.), ricerca i clienti non solo per far loro acquistare tali prodotti o servizi, ma anche per farli diventare dei venditori autonomi dei prodotti della società. I nuovi rivenditori, a loro volta, vengono invogliati a cercare altri consumatori e venditori, dato che guadagnano non solo sulle vendite direttamente effettuate, ma anche sulle vendite realizzate dai propri reclutati. In questo caso, il consumatore corre il rischio di perdere la tutela “di consumo” perché di fatto diventa un incaricato alle vendite che però, per cominciare, deve pagare il materiale informativo e i prodotti consegnati dalla società. In questo caso, i promotori hanno comunque come fine quello di vendere e distribuire prodotti e servizi della società, mentre nel sistema piramidale l’unico fine dei promotori è quello di riuscire ad accumulare più soldi possibile, senza necessariamente offrire un prodotto o un servizio in cambio.

Cosa dice la legge?

In Italia i sistemi piramidali sono vietati dalla legge n. 173 del 2005. Questa normativa vieta le operazioni, le strutture e le organizzazioni di vendita finalizzate al reclutamento di persone a cui si vende una posizione all’interno della struttura stessa con la prospettiva di guadagni futuri e ipotetici e con l’incarico di reclutare altre persone. Per chi organizza queste attività sono previsti l’arresto da sei mesi a un anno o un’ammenda da 100mila a 600mila euro. Nel 2012 la sentenza n. 37049 della Corte di Cassazione ha allargato l’attuazione della legge anche a questo tipo di pratiche effettuate su Internet.

Per quanto riguarda invece la vendita diretta a domicilio, l’art. 4 della legge riconosce il diritto di recedere dall’incarico entro 10 giorni dalla stipula del contratto (che deve essere in forma scritta). Il recesso si esercita tramite l’invio alla società di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno e non vi è l’obbligo di motivazione. In caso di problemi, gli esperti dell’Unione Nazionale Consumatori sono a vostra disposizione: contattateci attraverso lo sportello generico in home page.  

Autore: Rocco Bellantone