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VENDERE ACQUA ESPOSTA AL SOLE È REATO

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di Lucia Izzo

Tolleranza zero nei confronti di chi conserva esposte al sole le confezioni d’acqua destinate alla vendita, anche se per un breve lasso di tempo: scatta, infatti, il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione.

L’acqua, “prodotto alimentare vivo”, non diversamente da altri liquidi alimentari (es. olio o vino), rischia di subire modificazioni a causa dall’esposizione alle condizioni atmosferiche esterne. I raggi del sole, ad esempio, possono alterare chimicamente i contenitori e di conseguenza il loro contenuto mettendo a rischio la salute dei consumatori.

 

Questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 39037/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un commerciante e confermando la sua condanna alla pena di € 1.500,00 di ammenda per il reato ex art. 5 legge 283/1962.

Nel dettaglio, questi aveva detenuto per la vendita, in cattivo stato di conservazione, più confezioni di acqua esponendole alla luce solare nel piazzale antistante al suo deposito. In Cassazione, tuttavia, la difesa ritiene che il reato contestato sussista solo se l’acqua sia rimasta in contatto con la luce per un periodo di tempo utile a ingenerare la cattiva conservazione.

Nel caso in esame, invece, si eccepisce che le confezioni d’acqua fossero rimaste al sole per un lasso di tempo breve al fine di consentire di posizionare nel deposito le “nuove” confezioni di acqua appena arrivate. Ancora, soggiunge la difesa, il “cattivo stato di conservazione” fa ritenere che la merce debba subire un deterioramento temporale, altrimenti, qualunque esposizione al sole sarebbe nociva.

Secondo il Tribunale, invece, non poteva escludersi il pericolo di contaminazione dovuto all’esposizione all’aria e alla luce del sole, indipendentemente dalla durata dell’esposizione.

Cassazione: il cattivo stato di conservazione degli alimenti

La Cassazione rammenta che la contravvenzione di cui all’art. 5, lett. b), L. n. 283/1962 è un reato di pericolo presunto con anticipazione della soglia di punibilità per la rilevanza del bene protetto (la salute), sicchè il reato si concretizza anche senza l’effettivo accertamento del danno al bene protetto (cfr. Cass. n. 36274/2016).

Il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, spiegano gli Ermellini, è configurabile quando si accerti che le concrete modalità della condotta siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento, senza che rilevi a tal fine la produzione di un danno alla salute, attesa la sua natura di reato a tutela del c.d. ordine alimentare, volto ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura (Cass., n. 40772/2015).

Il cattivo stato di conservazione degli alimenti può essere accertato senza necessità di specifiche analisi di laboratorio, ma sulla base di dati obiettivi (ad esempio il verbale ispettivo, la documentazione fotografica o la prova testimoniale) ed è ravvisabile nel caso di evidente inosservanza di cautele igieniche e tecniche necessarie ad assicurare che le sostanze alimentari si mantengano in condizioni adeguate per la successiva somministrazione.

Bottiglie d’acqua al sole: reato anche se per poco tempo

Ancora, i giudici di Piazza Cavour sottolineano come il divieto di esporre le bottiglie di acqua alla luce o al calore del sole fosse già previsto dal decreto ministeriale 20 gennaio 1927 con riferimento a contenitori, come quelli in vetro, non suscettibili di subire modificazioni a seguito del contatto con luce o calore: si tratta, dunque, di una cautela generale che fin da allora aveva sconsigliato di esporre per un tempo significativo le bottiglie (e i contenitori) di acqua alla luce e al calore del sole.

Per gli Ermellini, infatti, “l’acqua è un prodotto alimentare vivo e come tale è soggetta a subire modificazioni allorché è isolata dal suo ambiente naturale e forzata all’interno di contenitori stagni che impediscono i normali interscambi che avvengono fra l’acqua, l’aria, la luce e le altre forme di energia e che modificano le relazioni che in natura l’acqua conosce allorché viene sottoposta ad aumento di temperatura o ad esposizione continua ai raggi del sole”.

Pertanto, l’acqua non può essere considerata in modo significativamente diverso da altri liquidi alimentari, quali l’olio o il vino. La giurisprudenza ha dato atto di tali assunti affermando che la conservazione di bottiglie di acqua minerale in contenitore PET all’aperto ed esposto al sole configura la contravvenzione prevista della legge 283/1962 atteso che l’esposizione, anche parziale, di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, tra cui l’impatto con i raggi solari, può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, in quanto sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e di conseguenza del loro contenuto.

Nel caso in esame, è stato rilevato che le confezioni di acqua minerale erano accatastate alla rinfusa all’esterno del deposito ed esposte alla luce nel sole, in periodo estivo in una zona notoriamente calda come la Sicilia.

Inoltre, l’esposizione, di per sé già in violazione di una regola cautelare, è durata un periodo di tempo significativo, quanto meno quello necessario alle operazioni liberazione del deposito e fino all’avvenuto sequestro, senza il rispetto delle garanzie igieniche imposte dalla natura del prodotto e per un lasso di tempo idoneo a generale il pericolo di alterazione del prodotto. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.