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SENZA ANTIBIOTICI SARÀ UN SUCCESSO. SENZA ZUCCHERO LO È GIÀ. IL CIBO FREE FROM SECONDO L’OSSERVATORIO IMMAGINO

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Le etichette raccontano i consumi alimentari degli italiani. Il mondo del free from perde smalto ma con nuove promesse di successo, come il claim «senza antibiotici». La fotografia dell’Osservatorio Nielsen GS1 Italy sui prodotti che rivendicano l’assenza di qualcosa

Sabrina Bergamini

Saranno famosi o lo sono già. I prodotti «senza antibiotici». Quelli con pochi zuccheri, senza zuccheri aggiunti, con poche calorie. E continua a essere famoso, anche se il boom c’è stato soprattutto negli anni passati, la rivendicazione del cibo «senza olio di palma». Il mondo del «free from» è un cantiere con lavori in corso, nel quale alcune indicazioni in etichetta vanno in pensione e altre promettono un roseo futuro.

 

Free from: piace quello che non c’è

Di cosa stiamo parlando? Di tutti quei prodotti che espongono in etichetta o sul packaging l’assenza (o la scarsa presenza) di qualche ingrediente. Sono tutti i claim che rivendicano «pochi zuccheri», «senza zucchero», «senza olio di palma», «senza grassi idrogenati», «senza sale», «senza conservanti», «senza ogm» e quant’altro. Piace insomma, quello che non c’è. Un po’ si tratta di moda, un po’ di un nuovo modo di consumare che cerca di mettere insieme salutismo e sostenibilità. Fatto sta che il free from ha conosciuto un notevole successo, anche se ora c’è una battuta d’arresto.

A scattare la fotografia del comparto è l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, giunto alla quinta edizione. Fra gli approfondimenti dello studio c’è appunto quello dei prodotti senza. Dopo la crescita degli ultimi anni, le vendite dei prodotti con questi claim si sono fermate nel 2018 a più 0,1% arrivando comunque a 6,8 miliardi di sell out fra super e ipermercati.

Su oltre 64 mila prodotti alimentari di largo consumo venduti, quelli che evidenziano in etichetta un claim di questo tipo (un componente che non c’è) sono quasi 12 mila, il 18,4% dell’assortimento di supermercati e ipermercati, e generano un fatturato di 6,8 miliardi di euro (pari al 27% del totale alimentare rilevato). Nel 2018 per la prima volta da anni i prodotti «free from» perdono smalto e le vendite rallentano – solo nel 2017 avevano infatti segnato un più 2,3%.

Chi va su, chi va giù

Pesano, spiega l’Osservatorio, la staticità dell’offerta e la scomparsa su molti prodotti di alcuni claim tradizionali e molto importanti per giro d’affari, come «senza conservanti» (che genera il 10,5% delle vendite totali del food  ma segna un -4,0% di vendite), «senza coloranti» (-5,8%) e «senza grassi idrogenati» (-7,9%). Alcuni claim vanno insomma in pensione. Sono maturi, forse ormai dati per acquisiti dai consumatori.

Il senza è però un mondo dinamico. Accade così che aumentano le vendite dei prodotti che comunicano in etichetta l’assenza di zuccheri e additivi. Gli zuccheri, insomma, vanno tagliati. «Continua l’espansione – spiega infatti l’Osservatorio Immagino – dei claim “pochi zuccheri” (+5,1% la crescita delle vendite tra 2017 e 2018) e “senza zuccheri aggiunti” (+5,4%) che sono entrati in molte nuove categorie del largo consumo: dalle cole alle bevande base frutta, dalle merendine alle confetture, dal latte allo yogurt greco, dalle bevande piatte ai sostitutivi del latte, fino ai cereali e alla frutta essiccata o sgusciata».

Senza olio di palma

Senza olio di palma è sicuramente l’altro fenomeno del settore. Come va? Si sta attenuando, anche se espone numeri di tutto rispetto. «Sebbene il 2018 si sia chiuso con un trend positivo delle vendite (+3,8% rispetto al 2017), sembra che la spinta evidenziata nei 12 mesi precedenti si stia esaurendo– dice l’Osservatorio – Le categorie dove il “senza olio di palma” ha colto i migliori risultati di crescita l’anno scorso sono state biscotti, merendine e pasticceria».

Nell’universo del free from ci sono dunque settori fermi e segmenti che continuano ad espandersi, come accade ai prodotti con i claim «senza zuccheri aggiunti» (+5,4% di vendite), «pochi zuccheri» (+5,1%), «senza glutammato» (+4,8%), «senza additivi» (+3,6%) e «poche calorie »(+2,5%).

Ci sono poi le promesse. I saranno famosi. Sono quei fenomeni emergenti che hanno ancora una bassa incidenza commerciale ma promettono una crescita veloce, come il claim «senza antibiotici». I consumatori l’avranno già intercettato su uova, pollo e carne di linee verdi che sono comparse con sempre maggiore incidenza sugli scaffali della grande distribuzione. Ne risentiremo parlare.