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SCUOLA: MENSA ASSENTE PER UN BAMBINO SU DUE

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In Italia un bambino su due non ha accesso alla mensa scolastica. Questa però è una media nazionale. Perché se si va in Sicilia o in Molise, la refezione scolastica è un miraggio in oltre l’80% dei casi e in altre sette regioni oltre la metà dei bambini non dispone del servizio mensa. Ogni comune ha la sua politica, agevolazioni e tariffe sono molto diverse sul territorio nazionale. Il risultato è che un servizio che dovrebbe garantire inclusione sociale, fondamentale soprattutto per le famiglie più povere, risulta ancora latitante. Il focus viene da Save the Children che ha pubblicato il rapporto “(Non) Tutti a Mensa 2018”.

 

“La metà degli alunni (il 49%) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica – evidenzia l’associazione – Inoltre, l’erogazione del servizio è fortemente disomogenea sul territorio italiano e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate”. A un anno dall’ultimo monitoraggio, molte scuole ancora non danno ai bambini e alle loro famiglie la possibilità di usufruire della mensa scolastica che “non solo rappresenta un sostegno all’inclusione e all’educazione alimentare, ma è uno strumento fondamentale per il contrasto della povertà e della dispersione scolastica”.

La refezione scolastica dovrebbe garantire almeno un pasto proteico al giorno. Esigenza fondamentale, in un paese che conta oltre 1 milione e 200 mila minori in povertà assoluta e oltre 2 milioni in povertà relativa. Questo diritto è invece ancora lontano. In nove regioni italiane, una in più rispetto al 2017, oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa. Queste le percentuali:  Sicilia 81,05%, Molise 80,29%, Puglia 74,11%, Campania 66,64%, Calabria 63,78%, Marche 61,40%, Abruzzo 60,81%, Umbria 54,64%, Sardegna 51,96%.

Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, cinque registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 94,27%, Sicilia 91,84%, Campania 84,90%, Abruzzo 83,92%, Puglia 82,92%), superando ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno. In cinque di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia (Sardegna 21,2%, Sicilia 20,9%, Campania 19,1%, Puglia 18,6% e Calabria 16,3%). “In Italia la povertà assoluta è in continuo aumento. Tra le famiglie in povertà in 1 su 10 è presente almeno un figlio minore, mentre oltre 1 su 5 sono quelle con tre o più figli minori – afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa – Una mensa accessibile a tutti con un servizio di qualità e uno spazio adeguato, svolge un compito cruciale nella lotta alla povertà, oltre a garantire la possibilità di attivazione del tempo pieno, combattendo efficacemente la dispersione scolastica. Per questo, riconoscere il servizio di refezione scolastica come un servizio pubblico essenziale deve essere una priorità”.

Differenze di accesso ci sono poi a livello comunale. Il servizio di refezione scolastica è molto disomogeneo: a fronte di 13 comuni, che offrono il servizio a più del 95% degli alunni (Novara, Piacenza, Ravenna, Genova, Roma, Verona, Milano, Prato, Bologna, Cagliari, Forlì, Monza, Bolzano) altri 15 garantiscono l’accesso alla mensa a meno del 40% degli alunni frequentanti le scuole primarie. Purtroppo all’interno del panorama esistono anche quei comuni che offrono il servizio mensa a meno del 10% degli alunni, come Siracusa (0,88 %), Palermo (2,60%), Catania (6%) Foggia (8%) e Taranto (11%). Esenzioni, agevolazioni, tariffe sono molto diverse da Comune a Comune. Nei comuni presi in esame da Save the Children le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) ad un massimo di 6 euro (Rimini).

 “Le diseguaglianze nelle politiche tariffarie spesso portano a situazioni limite e le esenzioni sono ancora troppo legate alle scelte di bilancio dei singoli comuni  – spiega  Antonella Inverno, Responsabile Unità Policy&Law Save the Children – Dispiace che a pagare il prezzo più alto di queste disuguaglianze siano proprio bambini e bambine che vivono nelle famiglie più svantaggiate, che invece di sentirsi costrette ad affrontare una spesa cospicua o a dover rinunciare alla mensa per i propri figli, dovrebbero essere sostenute in percorsi di inclusione”.

“La mensa scolastica dovrebbe avere 4 requisiti fondamentali – prosegue Inverno – Essere inclusiva, senza esclusioni per i bambini che vivono in famiglie meno abbienti, non residenti o morose nei pagamenti. Essere accessibile, in termini di tariffe, agevolazioni ed esenzioni e riconosciuta come un livello essenziale delle prestazioni sociali. Essere educativa, un luogo di partecipazione oltre che di apprendimento di una sana alimentazione e della lotta allo spreco. Essere sostenibile, garantendo cibi di qualità provenienti dal territorio e a km zero. Queste sono le caratteristiche principali per una mensa di qualità che non escluda nessuno”.