Bilanci familiari a rischio per 3,7 milioni di lavoratori. Il 47,7% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di 1.250€ mensili, il 24,2% si trova sotto la soglia dei 1.000€. L’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Con la chiusura temporanea dei settori produttivi, disposta dal Governo per far fronte all’emergenza sanitaria, sono aumentate le famiglie in ristrettezza economica. È quanto emerge dall’indagine sull’occupazione condotta dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, secondo cui, rispetto ad una platea di oltre 22,4 milioni di occupati, nel mese di marzo 2020 quasi 9,5 milioni (pari al 42,2% del totale) sono stati impossibilitati a lavorare.
Bilanci familiari a rischio per 3,7 milioni di lavoratori
Il 39% di questi lavoratori (3,7 milioni di persone), vivendo attualmente in una famiglia monoreddito, ha visto venir meno l’unica fonte di reddito familiare. Più colpite le coppie con figli (1.377 mila, 37%) e i monogenitori (439 mila, 12%), con il rischio di non riuscire a fronteggiare le spese quotidiane. Un dato preoccupante se si considera che il 47,7% dei lavoratori dipendenti nei settori momentaneamente sospesi guadagnava meno di 1.250 euro mensili e il 24,2% si trova sotto la soglia dei mille euro.
Tra i profili sociali più colpiti ci sono i giovani che, secondo l’analisi, rischiano di scontare un notevole disagio: oltre il 60% della popolazione tra i 25 e i 29 anni abitualmente non supera i 1.250 euro e questo, per gli under 30, si traduce in una disponibilità di risparmio inferiore da poter utilizzare in questa fase emergenziale.
Situazione critica anche per i lavoratori autonomi: non solo la quota di quanti non lavorano per effetto delle chiusure da COVID-19 è più alta (55% contro il 38,2% dei dipendenti), ma è più elevata anche la percentuale di chi vive in famiglie monoreddito (sono il 42% contro il 38% dei dipendenti).
Occupazione, divario di genere e gap territoriale
Inoltre la Fondazione evidenzia che, osservando la sub-popolazione degli occupati costretti a casa dall’emergenza sanitaria, 2,5 milioni di donne (in particolare le addette nelle attività di vendita e le occupate part time) sono per 2/3 (65,8%) al di sotto di uno stipendio di 1.250 euro al mese, contro il 36% degli uomini.
Mentre, da un punto di vista territoriale, è al Sud che si ha la maggiore concentrazione di disagio: maggiormente colpiti, tra i lavoratori dipendenti temporaneamente senza lavoro, i monoreddito, pari al 49,6% (contro il 35,2% dei residenti del Centro e il 34,3% del Nord Italia).
Lavoratori a basso reddito più a rischio e meno tutelati
“I provvedimenti adottati a tutela della salute pubblica hanno esposto a maggiore rischio proprio i lavoratori meno qualificati e a più basso reddito, che avrebbero invece avuto bisogno di più tutele. Si pensi alla chiusura dei comparti manifatturieri, al lavoro artigiano e operaio, all’edilizia o al commercio” – ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone – “Al contrario chi ha potuto contare sulla continuità lavorativa tramite smart working sono stati soprattutto i lavoratori della conoscenza, impiegati e quadri di aziende pubbliche e private, professioni a più alta qualificazione, che vantano titoli di studio e redditi più elevati”
In questo senso, evidenzia l’analisi, “l’emergenza COVID-19 sta avendo a livello occupazionale un vero e proprio effetto divaricante, amplificando il disagio sociale in quei segmenti socio-territoriali in condizioni economiche già molto precarie. Inoltre, la sospensione del reddito ha messo in grande difficoltà anche quella vasta platea di famiglie abituata a gestire con grande oculatezza il proprio bilancio mensile ma che non può contare su una riserva di risparmio sufficiente a garantire la copertura da eventuali rischi o emergenze come l’attuale”.