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NOLEGGIO CON CONDUCENTE, L’ANTITRUST CHIEDE DI ELIMINARE LE RESTRIZIONI E DI RIFORMARE LA MOBILITÀ NON DI LINEA

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Noleggio con conducente, per l’Antitrust serve una riforma della mobilità non di linea che elimini le restrizioni territoriali, equipari NCC e servizio taxi e apra nuove possibilità per i consumatori

Sabrina Bergamini

È tempo di una riforma complessiva della mobilità non di linea che elimini le restrizioni territoriali imposte al servizio di noleggio con conducente e apra nuove possibilità per i consumatori. Equiparando di fatto il servizio taxi con l’NCC perché la mobilità è cambiata, la tecnologia la sta cambiando ancor più, e tante differenze sono ormai obsolete. È quanto sostiene l’Antitrust in una segnalazione inviata a Governo e Parlamento sulla disciplina dell’attività di noleggio con conducente.

 

L’Antitrust auspica che sia rivisto «l’impianto della disciplina dell’attività di noleggio con conducente nella prospettiva di una maggiore apertura alla concorrenza del settore della mobilità non di linea, al fine di eliminare l’impatto economico negativo per i consumatori» stimato in 115 milioni di euro l’anno.

L’Antitrust: riforma organica della mobilità non di linea

L’Autorità, si legge nella segnalazione, ritiene necessaria «una riforma organica e complessiva del settore della mobilità non di linea» che vada verso l’equiparazione fra i servizi taxi e le altre forme di mobilità non di linea, che tenga conto dell’ingresso di nuovi servizi a forte contenuto tecnologico (leggi Uber) e dell’esigenza, al tempo stesso, di introdurre misure compensative per i tassisti per compensare l’effetto dell’ampliamento del settore.

Il suggerimento è dunque quello di «eliminare ogni limitazione alle modalità di prenotazione del servizio di NCC», di abrogare le norme della legge che determinano restrizioni territoriali per gli NCC e di abrogare la previsione di una moratoria per il rilascio di nuove autorizzazioni NCC fino alla realizzazione del registro nazionale.

Cosa dice la normativa

Un passo indietro. L’attuale normativa, con l’articolo 10-bis (“Misure urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea”) del decreto legge 14 dicembre 2018 n. 135 convertito, con modifiche, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, prevede una serie di obblighi che incidono fortemente sull’attività delle imprese di noleggio con conducente.

Fra queste ci sono l’obbligo di avere la sede e almeno una rimessa nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione; l’obbligo della prenotazione del servizio presso la sede o la rimessa, anche servendosi di strumenti tecnologici; l’obbligo di iniziare e terminare ciascun servizio presso la rimessa; l’obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente che svolge il servizio di Ncc del foglio di servizio in formato elettronico.

C’è poi la previsione di una moratoria al rilascio di nuove autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di NCC sull’intero territorio nazionale sino alla realizzazione di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese di taxi e di NCC, che dovrà essere istituito entro il 13 febbraio 2020. Ancora, l’attività delle piattaforme tecnologiche di intermediazione domanda-offerta deve essere disciplinata da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Questa disciplina, spiega l’Antitrust, «non appare andare nella direzione auspicata dall’Autorità, la quale è più volte intervenuta a segnalare le ingiustificate distorsioni concorrenziali connesse alla disciplina del settore della mobilità non di linea e, in particolare, le restrizioni territoriali a carico dell’attività degli esercenti il servizio di NCC».

Mobilità e innovazione, una lunga storia…

Già nel 2017 l’Antitrust aveva chiesto una «riforma organica e complessiva dei servizi di mobilità non di linea» che tenesse conto sia dell’innovazione tecnologica che della domanda di mobilità in aumento.

«L’arena su cui i consumatori domandano servizi di mobilità non di linea è divenuta potenzialmente molto più ampia che in passato – si legge nella segnalazione – In tal senso, non appare giustificato il mantenimento di una rigida distinzione tra i due servizi taxi e NCC che sono ritenuti largamente sostituibili dall’utenza – in forte crescita, specie nelle aree metropolitane – e facilmente usufruibili grazie agli strumenti innovativi introdotti dalla tecnologia».

L’Autorità aveva dunque chiesto già due anni fa una progressiva equiparazione fra servizio taxi ed NCC e forme di compensazione per i tassisti. Ma la delega attribuita al Governo per riordinare il settore non è stata esercitata.

I vincoli territoriali mantenuti per i servizi NCC rendono difficile l’incontro fra domanda e offerta e hanno l’effetto di «deprimere il benessere dei consumatori finali in termini di ampiezza e qualità dei servizi offerti e non ultimo, stante la forte riduzione quantitativa dei soggetti che potranno svolgere l’attività, in termini di prezzi crescenti».

Le conseguenze negative

Si rischia insomma, argomenta ancora l’Antitrust, che la domanda di mobilità degli utenti non trovi risposta e che i prezzi aumentino, o in alternativa che ci sia uno scadimento del servizio.

Per l’Antitrust, fra l’altro, non c’è più molta differenza fra servizi di piazza da parte di un’utenza indifferenziata e servizi su chiamata da parte di un’utenza specifica, quella differenza tradizionalmente evocata fra taxi ed NCC, considerata ormai obsoleta.

«In numerosi ambiti urbani – dice ancora l’Antitrust – i taxi, tramite sia i tradizionali servizi radiotaxi sia tramite app gestite in cooperativa o che offrono convenzionamento ai tassisti, offrono oltre al servizio di piazza, anche servizi con prenotazione di varia tipologia e si sovrappongono così all’attività propria degli NCC. Invece, gli NCC, in ragione dei descritti obblighi di esercizio, non possono rivolgere i propri servizi ad un’utenza indifferenziata, pena la comminazione di elevate sanzioni».