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LIEVITO MADRE, LIEVITO DI BIRRA E LIEVITO CHIMICO: QUALE SCEGLIERE?

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E’ un quesito che molti stanno ponendo all’Unione Nazionale Consumatori: quale lievito è preferibile scegliere tra quello madre, quello di birra e quello chimico? Nell’ultimo periodo, anche a causa delle limitazioni imposte dall’epidemia di Covid, c’è infatti stata una forte ripresa della produzione domestica di pane, pizza e dolci casalinghi. Del resto, fanno parte della tradizione nazionale e ci vuole (apparentemente) molto poco per prepararli. Ecco allora qualche chiarimento su cosa scegliere.

Gli ingredienti di pane, pizza e dolci

Gli ingredienti di base per fare il pane e la pizza sono la farina e un po’ di sale da impastare con l’acqua, per i dolci servono anche altri ingredienti di base come lo zucchero, le uova, il latte.

Per ottenere degli ottimi fragranti e soffici prodotti da forno, è necessario che gli impasti siano fatti lievitare prima di essere cotti. La lievitazione consiste nel mescolare all’impasto dei microrganismi che nello spazio variabile da poche ore a qualche giorno si riproducono e danno origine al gas anidride carbonica in grado di aumentare di volume l’impasto stesso. Mettendo nel forno la massa lievitata, si ha un ulteriore aumento dovuto al graduale rilascio del gas; per ottenere i migliori risultati è infatti opportuno evitare di aprire il forno prima che sia terminata la cottura; aprendo il forno durante la cottura si può ottenere un “afflosciamento” che rende l’alimento meno gradevole.

Come accennato la lievitazione dell’impasto è causata dai gas prodotti dai processi metabolici dei microrganismi che si moltiplicano utilizzando i nutrienti (soprattutto amido e zuccheri) che si trovano nelle farine. Abbiamo però due tipi di lievitazione ovvero lievito madre (chiamata anche pasta madre) oppure con il lievito di birra.

Lievito madre

E’ il metodo tradizionale utilizzato da secoli nelle nostre famiglie e dagli antichi fornai e nelle pizzerie. Consiste nel fare un impasto di farina e acqua e lasciarlo a temperatura ambiente; in questo modo i batteri normalmente presenti nella farina e anche quelli dell’aria “colonizzano” l’impasto e cominciano a riprodursi. Dopo qualche tempo (un paio di giorni) si fa un “rinfresco”, ovvero si prende una parte dell’impasto, si aggiunge altra farina e acqua e si lascia fermentare per un paio di giorni. Quest’operazione viene ripetuta diverse volte finché non si ottiene la pasta madre che è ricca di microrganismi e può essere utilizzata per lievitare il pane, la pizza o il ciambellone da cuocere.

Il lievito madre fa parte della tradizione culinaria del nostro Paese e in molti casi è un patrimonio delle singole famiglie che può essere perpetuato e anche scambiato o donato ad altre famiglie. I microrganismi che costituiscono la pasta madre sono prevalentemente i batteri lattici (Lactobacillus), ma ci sono altri batteri e anche lieviti. La composizione varia in funzione delle condizioni ambientali in cui è prodotta la pasta madre; può condizionare la qualità dei prodotti da forno che può differire in funzione della località in cui sono prodotti. Ciò dipende dal fatto che durante la loro crescita i microrganismi producono molte sostanze anche aromatiche che variano in funzione della loro composizione. Così un pane prodotto con una farina e una pasta madre prodotta in Basilicata, può essere diverso da uno prodotto nel Friuli.

Lievito di birra

E’ costituito dal Saccharomyces cerevisiae) un lievito che trasforma gli zuccheri in alcol e che sono di fondamentale importanza nella produzione del vino e della birra. Da secoli è ritenuto il lievito più adatto per la panificazione e per tale motivo è stato “isolato” e prodotto per l’uso nei panifici e le pizzerie.

Il lievito di birra si può preparare in casa utilizzando della birra non pastorizzata (ne esistono diverse di quelle artigianali), mescolarla con la farina e aggiungendo dello zucchero (miele, fruttosio, malto, ecc.). Si lascia questo impasto a temperatura intorno ai 30° C il tempo necessario per fare moltiplicare i lieviti (almeno un paio di giorni) e ottenere il prodotto da utilizzare negli impasti del pane e/o della pizza o i dolci che a loro volta debbono essere lievitati prima della cottura.

Le tipologie di lievito

In commercio è anche disponibile il lievito di birra prodotto industrialmente.  L’Assitol, che raccoglie i produttori di lievito industriale, consiglia di “conservarlo in condizioni ambientali ottimali, evitando sbalzi termici”. I consumatori possono scegliere tra due tipologie di lievito per panificazione. Il più diffuso e utilizzato è quello fresco, il classico panetto da sciogliere in acqua, il cui impiego è alla base delle più importanti preparazioni da forno. La sua shelf life non supera il mese e, per questa ragione, si conserva a bassa temperatura.  Nella cucina domestica come in panificio, l’ideale è attestarsi sui 6 gradi. Da un punto di vista pratico, per l’utilizzo in occasione delle festività natalizie, sarebbe opportuno porre il panetto in frigorifero, con una possibilità di variazione da un minimo di 0 gradi ad un massimo di 10. E’ sconsigliata la conservazione in congelatore del prodotto in quanto, una volta scongelato, esso perderebbe la sua forza lievitante originaria dato che il processo di congelamento/scongelamento comprometterebbe le qualità del lievito stesso.

C’è poi il lievito secco derivante dalla disidratazione a bassa temperatura che si presenta sotto forma di polvere. Per questa sua caratteristica, è più facile gestirlo anche in presenza di temperature estreme, ad esempio durante la stagione calda. Confezionato sottovuoto o in atmosfera protettiva, la sua durata è pari a due anni, se collocato in luogo asciutto e temperato, vale a dire il suo “habitat” ottimale di conservazione.

Lievito “chimico”

Si tratta di bicarbonato di ammonio, tartrato di potassio (cremor tartaro), bicarbonato di sodio o di calcio. Questi sali minerali sono delle sostanze naturali che hanno in comune la capacità di liberare anidride carbonica quando vengono a trovarsi nelle condizioni di cottura degli alimenti che li contengono. L’effetto è simile a quello che si ottiene con le paste lievitate.

In pratica il lievito “chimico” si può aggiungere all’impasto all’ultimo momento, mentre ai lieviti “microbologici” bisogna dare il tempo di fare moltiplicare i batteri e/o lieviti nell’interno dell’impasto e produrre l’anidride carbonica che verrà poi sprigionata al momento della cottura.

Quale lievito scegliere

La preparazione della pasta madre richiede tempo e pazienza per la sua preparazione, ma anche per il suo “mantenimento” effettuato mediante il “rinfrescamento”. In pratica conviene se si ha il tempo di cuocere pane, pizza e dolci con una buona frequenza (un paio di volte la settimana almeno). La pasta madre deve essere aggiunta all’impasto un congruo tempo prima della cottura per farlo lievitare.

Utilizzando il lievito di birra si eliminano i tempi necessari per la conservazione e si ha la sicurezza di avere un prodotto dalla composizione costante che si trova facilmente e non richiede particolari accortezze. Anche in questo caso è però necessario fare lievitare l’impasto prima di cuocerlo per un tempo che può essere di diverse ore.

Il lievito chimico è molto più facile da usare e non richiede una lievitazione preliminare; può essere aggiunto direttamente all’impasto e l’anidride carbonica si libererà al momento della cottura. E’ l’ideale per chi vuole prepararsi pane e/o dolci in casa e ha poco tempo a disposizione.

Qualità e sicurezza dei prodotti da forno

I tre tipi di lievito influiscono scarsamente sulla sicurezza dei prodotti da forno che rimane comunque molto alta. Qualche modestissimo problema potrebbe derivare dal bicarbonato di ammonio per la possibile “volatilizzazione” di tracce di ammoniaca di cui si può percepire il caratteristico odore.

La pasta madre non ha una composizione uniforme e può influenzare le caratteristiche organolettiche degli alimenti che ne derivano. Le diversità sono spesso considerate un pregio e caratterizzano molti prodotti tradizionali e sono il vanto di alcune cucine locali.

Il lievito di birra e quello chimico garantiscono invece un’uniformità dei prodotti che si ottengono.

Valore nutrizionale

Anche se le differenze non sono eccessive, va segnalato che i lieviti microbiologici durante la lievitazione producono, oltre all’anidride carbonica, anche numerose sostanze benefiche come vitamine, alcuni antiossidanti, peptidi.  I lieviti chimici non hanno queste proprietà.

In conclusione, possiamo affermare che tutti i lieviti possono essere utilizzati con la certezza di ottenere ottimi prodotti da forno con una leggera preferenza per il lievito madre nel caso in cui chi lo impiega abbia una buona esperienza e tempo a disposizione.