di Valeria Zeppilli
L’aquaplaning deve essere considerato un evento eccezionale e imprevedibile, in quanto tale idoneo a interrompere il collegamento causale tra la condotta dell’automobilista e gli eventi dannosi derivanti dalla reazione della sua auto all’allagamento della sede stradale.
Chiaramente, a tal fine è imprescindibile che l’automobilista abbia rispettato le regole che disciplinano la circolazione stradale e che quindi i danni non possano in alcun modo dirsi conseguenza diretta della sua condotta di guida.
Cause sopravvenute
Un simile principio si evince dalla sentenza numero 1229/2018 depositata dalla Corte di cassazione il 12 gennaio che si è occupata della vicenda di un uomo, imputato per aver investito due automobilisti che si trovavano lungo la carreggiata a seguito di un incidente nel quale erano rimasti coinvolti a causa della scarsa visibilità del manto stradale e degli allagamenti provocati dalle forti piogge.
Sul punto, per i giudici non bisogna dimenticare che le cause sopravvenute idonee a escludere il rapporto di causalità non vanno identificate solo nelle cause che innescano un percorso causale del tutto autonomo da quello determinato dall’agente. Ad esse, infatti, vanno ricondotti anche “quei fatti sopravvenuti che realizzano una linea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della condotta antecedente”.
Di conseguenza, anche l’aquaplaning va considerato come un elemento idoneo a interrompere il nesso di causalità tra le condotte dell’automobilista e gli eventi lesivi.