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IMPOSTA DI SOGGIORNO: LA PAGA IL 71% DEI TURISTI MA NESSUNO SA CHE FINE FACCIA

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Quando si prepara una vacanza, tra i vari costi da dover tenere a mente e inserire nel budget, ce n’è uno che è spesso difficile da digerire: l’imposta di soggiorno (o di sbarco). Sono 1.020 i comuni italiani che applicano questa la tassa. In termini percentuali comuni, si tratta di “appena” il 13% dei 7.915 municipi italiani, ma sono realtà che nel complesso ospitano il 71% dei pernottamenti registrati ogni anno in Italia (62,2% dei pernottamenti dei turisti italiani e 76,9% degli stranieri) e la tassa riscossa crea un gettito complessivo che nel 2019 si avvia a doppiare la boa dei 600 milioni di euro.

 

Se da un lato si conosce l’entità del gettito garantito dalla tassa di soggiorno, dall’altro nessuno sa come i comuni utilizzino di fatto i fondi raccolti attraverso l’imposta. Lo denuncia oggi il Codacons, commentando i dati forniti da Federalberghi.

“I turisti sono tenuti al pagamento di tale tassa i cui proventi, in base al D.L. 23/2011, devono essere destinati “a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali”, spiega il presidente Carlo Rienzi. Tuttavia sul come questi fondi vengano realmente utilizzati c’è il mistero più fitto.

“A quasi dieci anni dalla reintroduzione del tributo”, afferma Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, “dobbiamo purtroppo constatare di essere stati facili profeti. La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo”. E denuncia: “Qualcuno racconta la storiella dell’imposta di scopo, destinata a finanziare azioni in favore del turismo. In realtà è una tassa sul turismo, il cui unico fine sembra essere quello di tappare i buchi dei bilanci comunali”.