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GUANTI E MASCHERINE, NO ALL’ABBANDONO

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Presentato oggi il Vademecum “ECOproteggiamoci” su come usare e gettare guanti e mascherine nel modo corretto. Quali rischi causati dall’inciviltà?

Elena Leoparco

Guanti e mascherine usa e getta sono già diventati, oltre che compagni inseparabile delle nostra quotidianità, i nuovi rifiuti con i quali avremo a che fare nei prossimi anni. Secondo le stime attuali, sono circa 1 miliardo le mascherine e 500 milioni i guanti di cui avremo bisogno mensilmente in Italia.

Numeri impressionanti che tuttavia non rappresenterebbero un problema se ognuno adottasse comportamenti corretti. Guanti e mascherine infatti rappresentano circa lo 0,23% dei rifiuti urbani prodotti. A trasformare questi numeri in una vera e propria emergenza ambientale è il loro abbandono sempre più frequente ai bordi delle strade delle nostre città, nei parchi o in riva al mare.

 

La campagna di Legambiente e Unicoop Firenze

Per questo Unicoop Firenze e Legambiente, con il patrocinio della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno promosso una campagna di comunicazione e informazione con gli obiettivi di sensibilizzare i cittadini sui danni all’ambiente causati dall’abbandono dei dispositivi di protezione individuale. L’iniziativa è stata presentata oggi in occasione della Giornata mondiale degli Oceani da da Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze e da Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, insieme al vademecum“ECOproteggiamoci”, elaborato dall’associazione sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale dal virus Sars-cov-2 e sui rischi per l’ambiente causati dall’abbandono e dai traffici illegali.

Guanti e mascherine e sostanze chimiche pericolose

Oltre alla possibile diffusione di microplastiche nei mari, un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda l’impatto ambientale di alcune tipologie di guanti (e mascherine è l’utilizzo di alcune sostanze chimiche per il loro trattamento. I prodotti chimici utilizzati per la produzione di questi DPI non sono resi noti pubblicamente. Tra questi, l’acido perfluoroottanoico (PFOA), appartenente alla famiglia degli PFAS, è un agente chimico con proprietà repellenti, vietato a livello globale con la Conferenza di Stoccolma per la sua tossicità (colpisce fegato e tiroide) e per la sua capacità di dispersione. A questo divieto c’è però un’eccezione, proprio per il trattamento di prodotti sanitari.

Un altro prodotto chimico che preoccupa sono gli ftalati, utilizzati per trattare prodotti in PVC come i guanti monouso, che quando vengono incenerite rilasciano inquinanti molto tossici e pericolosi. Tutte queste sostanze, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta a fine vita, sono causa di un inquinamento molto esteso e pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono contaminare falde, suolo e aria.

Il traffico illegale di rifiuti

Non esistono stime attendibili, al momento, ma non c’è dubbio che la tipologia e il quantitativo di rifiuti sanitari prodotti possano fare gola a soggetti “specializzati” nei traffici illeciti di rifiuti. Un allarme raccolto in Italia dall’Arma dei carabinieri, che ha avviato specifiche attività di indagine attraverso il Nucleo Operativo Ecologico (NOE), e che vede, più in generale, una forte attenzione a livello internazionale, come dimostra l’attività di monitoraggio sui traffici illeciti di mascherine avviata dall’Interpol.

Il rapporto dell’Interpol del 23 aprile 2020 mostra, da febbraio a marzo 2020, “una serie di spedizioni illegali di materiale sanitario inviate per essere smaltite illegalmente sono state registrate in India”. Un aumento del rischio di gestione illegale di materiale clinico viene segnalato in Cina e Malesia; in Tailandia è finita sotto inchiesta un’azienda di riciclo che vendeva come nuove mascherine usate. Il ripetersi di questi casi in Paesi che sono anche tra i principali esportatori di mascherine chirurgiche usa e getta impone la necessità di controlli molto rigorosi nelle fasi di importazione.