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DISUGUAGLIANZA CHIAMA ITALIA. IL REDDITO DELLE FAMIGLIE PIÙ RICCHE È OLTRE SEI VOLTE SUPERIORE A QUELLO DELLE FAMIGLIE PIÙ POVERE

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La disuguaglianza in Italia non si riduce. Il reddito delle famiglie più ricche, rileva oggi l’Istat, continua a essere più di sei volte superiore a quelle delle famiglie più povere

Sabrina Bergamini

La disuguaglianza continua a colpire in Italia. E il rischio di povertà o di esclusione sociale riguarda in tutto il 27,3% della popolazione. Più di uno su quattro dunque si trova in bilico sull’orlo della povertà e della grave deprivazione materiale. Anche se qua e là c’è qualche segnale di miglioramento, il quadro rimane drammatico. E fortemente diseguale. C’è infatti un dato che spicca su tutti.

«La disuguaglianza non si riduce: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere».

Il dato viene dall’ultimo report dell’Istat pubblicato oggi, Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie, relativo al 2018.

 

Disuguaglianza e rischio povertà

«Nel 2017 il reddito netto medio delle famiglie (31.393 euro annui) cresce ancora sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d’acquisto (+1,2%) – sintetizza l’Istituto di statistica – Ma la disuguaglianza non si riduce: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere».

L’altro fenomeno che emerge è il rischio povertà ed esclusione sociale, che segna qualche miglioramento ma continua a riguardare oltre un quarto della popolazione. Pur restando molto elevata, nel 2018 la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si riduce rispetto al 2017 (al 27,3% rispetto al 28,9%, per una minore incidenza di situazioni di grave deprivazione materiale.

«La quota di individui a rischio povertà resta ferma al 20,3%».

C’è inoltre più disuguaglianza dei redditi in Italia rispetto agli altri paesi europei. Nella classifica di 25 paesi della Ue a 28 in cui c’è l’indicatore che valuta la disuguaglianza dei redditi, l’Italia occupa la posizione numero 21.

Il rischio povertà e la deprivazione materiale

Nel 2018, il 20,3% – valore stabile rispetto al 2017 – delle persone residenti in Italia (circa 12 milioni e 230 mila individui), risulta a rischio di povertà, cioè ha un reddito netto equivalente nell’anno precedente all’indagine, senza componenti figurative e in natura, inferiore a 10.106 euro (842 euro al mese).

L’8,5% (in diminuzione rispetto al 10,1% dell’anno precedente) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, mostra cioè almeno quattro dei nove segnali di deprivazione materiale.

Questa viene indicata da una serie di condizioni che comprendono l’essere in arretrato nel pagare bollette, mutui, affitti e prestiti; non poter riscaldare adeguatamente la casa; non poter sostenere una spesa imprevista di 800 euro; non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano; non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; non potersi permettere un televisore a colori, una lavatrice, un’automobile, un telefono. L’8,5% della popolazione evidenzia appunto almeno quattro di queste difficoltà.

L’11,3% (in lieve diminuzione rispetto all’1 1,8% del 2017) vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia in famiglie con componenti tra i 18 e i 59 anni che nell’anno di riferimento del reddito hanno lavorato meno di un quinto del tempo.

Mezzogiorno e famiglie con figli più penalizzati

Il Sud Italia continua a essere penalizzato. Il Mezzogiorno rimane infatti l’area con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale (45,0%, seppure stabile rispetto all’anno precedente). E mostra un incremento del rischio di povertà che passa dal 33,1% nel 2017 al 34,4% nel 2018.

Ancora una volta sono penalizzate le famiglie con più figli. Anche nel 2018, rileva l’Istat, l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale è più elevata tra gli individui delle famiglie di coppie con tre o più figli (36,0%) nonostante un sensibile miglioramento rispetto allo scorso anno (41,1%) e nelle famiglie monogenitore (35,4% vs 38,8% nel 2017).

UNC: dati non degni di un Paese civile

Sono dati che fanno saltare sulla sedia, specialmente quando si parla di un reddito sei volte più alto per le famiglie ricche rispetto a quelle più povere e del rischio di povertà per un quinto delle persone.

«Si tratta di dati vergognosi, non degni di un Paese civile. Serve un fisco più equo, che rispetti l’art. 53 della Costituzione – commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Questo report attesta che il problema non sono solo i poveri assoluti, ma anche quelli che si trovano nella condizione di difficoltà precedente, a rischio povertà, e che poi finiscono per diventare definitivamente poveri».

Non basta dunque, prosegue l’associazione, il reddito di cittadinanza, che non interviene sull’iniquità del sistema fiscale. «È inaccettabile che ci sia uno squilibrio così elevato tra famiglie più abbienti e più povere – dice ancora Dona – Vanno ridotte le diseguaglianze, redistribuendo meglio la ricchezza. Per questo va rivoluzionato il nostro sistema fiscale, nel rispetto del criterio della capacità contributiva».