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DISTURBI ALIMENTARI E CORONAVIRUS, L’ISOLAMENTO AUMENTA I RISCHI DI RICADUTA

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Il coronavirus e l’isolamento possono aumentare il rischio di ricadute e peggioramento dei disturbi alimentari o scatenarne di nuovi

Sabrina Bergamini

La pandemia rischia di aggravare le condizioni di chi soffre di disturbi alimentari. La paura dell’infezione e dell’isolamento sociale, la presenza di grandi scorte alimentari in casa, l’impossibilità di muoversi liberamente, lo stress legato al lockdown e relazioni coi familiari che possono diventare più complicate sono un mix micidiale che può causare una ricaduta o un peggioramento dei disturbi alimentari.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, soprattutto anoressia, bulimia nervosa e binge eating (il disturbo da alimentazione incontrollata) «sono un problema di sanità pubblica di crescente importanza» e rischiano di aggravarsi nell’emergenza coronavirus.

 

«La pandemia da COVID-19 può aumentare il rischio di ricadute e peggioramento dei disturbi dell’alimentazione o addirittura far insorgere un disturbo di addiction ex novo», denuncia l’Istituto superiore di sanità.

Disturbi alimentari in pandemia, situazione critica

Un approfondimento dell’Iss e di Epicentro su disturbi alimentari e Covid-19 richiama l’attenzione su questo problema. Chi soffre di disturbi di alimentazione è più fragile, in condizione di malnutrizione, talvolta con disfunzioni respiratorie o squilibri metabolici, e questo porta a un aumento del rischio di infezione e può aumentare il ricorso a cure mediche ospedaliere in caso di malattia.

La pandemia può avere due effetti dirompenti: aumenta il rischio di ricaduta o di peggioramento della patologia e può condurre alla comparsa ex novo di un disturbo dell’alimentazione o di comportamenti di dipendenza. Tutto questo, sottolinea l’Iss, in un contesto che durante l’emergenza e il lockdown è stato caratterizzato dall’inadeguatezza e dall’insufficienza di trattamenti psicologici e psichiatrici, che andranno dunque ricostruiti e riorganizzati.

Secondo il Ministero della Salute, si tratta di patologie generalmente più diffuse nella popolazione femminile. «L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi – dice una scheda del Ministero della Salute – Per quanto riguarda la bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini».

Disturbi alimentari, il rischio di ricaduta e peggioramento

La paura dell’infezione e l’isolamento sociale legato al Covid-19 e alla quarantena imposta al paese possono aumentare il rischio di ricaduta o peggiorare i disturbi dell’alimentazione. Tutto questo per una serie di motivi che spingono chi soffre di disturbi alimentari a stringere ancor più il controllo sulla propria alimentazione o, al contrario, ad aumentare le abbuffate incontrollate.

«La paura di un contagio – spiega l’approfondimento di Epicentro – si associa spesso alla sensazione di non avere il controllo della situazione che, per le persone con un disturbo dell’alimentazione, conduce a un ulteriore aumento delle restrizioni alimentari (o di altri comportamenti estremi di controllo del peso) o, all’opposto a un aumento degli episodi di alimentazione incontrollata».

L’isolamento limita la possibilità di fare attività fisica, aumenta la paura di ingressare e questo può portare a nuove restrizioni nell’alimentazione. In direzione opposta, la presenza di abbondanti scorte alimentari in casa facilita le abbuffate e poi i meccanismi di controllo del peso, come l’induzione del vomito. La chiusura può accentuare le difficoltà di relazione con i familiari, lo stress della pandemia può aggravare una situazione di fragilità psicologica e aggravare la severità di comorbilità psichiatriche.

Disturbi alimentari, quando compaiono ex novo

La pandemia e la pressione emotiva legata a una prolungata chiusura in casa, all’incertezza e alla paura possono anche portare alla comparsa di un nuovo disturbo alimentare o a comportamenti di dipendenza che cercano un appagamento nel cibo.

«Una forte pressione emotiva – spiega l’Iss su Epicentro – può rendere fragili e portare a perdere il controllo degli impulsi: la ricerca di un appagamento nel corso di uno stress da isolamento prolungato può avvenire non solo attraverso il fumo, l’alcol, gli psicofarmaci, le droghe, ma anche attraverso il cibo. Quindi, gli stessi meccanismi che possono favorire l’abuso di alcol e di sostanze (legali e illegali) possono essere chiamati in causa per i disturbi dell’alimentazione».

Trattamenti psicologici inadeguati

Questa situazione di grande criticità è aggravata dal fatto che l’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici durante la pandemia è stata inadeguata. Molti servizi sanitari e di assistenza sono stati sospesi, anche se qualche gruppo ha organizzato trattamenti online.

«L’impossibilità di garantire condizioni di sicurezza per pazienti e personale sanitario ha portato alla sospensione di molte attività, soprattutto i trattamenti intensivi e la presa in carico dei pazienti in strutture residenziali mediche e psichiatriche, con ricoveri rinviati a data da definire e un elevato rischio di perdere il contatto con il paziente – spiega Epicentro – Si rende per questo necessaria la progettazione di un nuovo modo di erogare trattamenti e di integrare strategie e procedure standard per affrontare sia il disturbo alimentare sia le paure legate all’infezione e all’isolamento sociale. Inoltre, è fondamentale mettere a punto e implementare un protocollo specifico per affrontare la gestione di un paziente con disturbi dell’alimentazione risultato positivo al coronavirus».

In questo contesto di emergenza, spiega ancora l’Istituto di sanità, diventa ancora più importante identificare le strutture di cura. «Per raggiungere questo obiettivo è in corso da parte del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS il progetto “Manual” che ha come obiettivo la mappatura territoriale dei centri dedicati alla cura dei disturbi alimentari. I dati saranno cruciali per offrire ai cittadini informazioni e supporto».