I consumi alimentari si trasformano: dopo 3 anni di crescita sostenuta dei fatturati e dei volumi di vendita nel largo consumo, i primi mesi del 2018 registrano un trend del +1,0% nel giro d’affari e del +0,4% nei volumi. Nel medesimo periodo dell’anno precedente l’incremento a valore era del +2,2% e dello 0,9% a volume. I dati emergono da una survey realizzata da Nielsen e presentata in occasione dell’apertura della 34esima edizione de Linkontro, l’esclusivo appuntamento dedicato alla business community dei consumi in programma a Santa Margherita di Pula (Cagliari) fino al 19 maggio.
“Stiamo assistendo a un’evoluzione nel mondo dei consumi nella grande distribuzione”, commenta l’amministratore delegato di Nielsen Italia, Giovanni Fantasia, “Occorre dunque che il mondo della GDO sappia affrontare la sfida di un carrello della spesa sempre più variegato, ricco di prodotti che escono dal perimetro dei consumi ordinari (primi piatti tradizionali e primi e secondi pronti) e che rilevano abitudini di consumo più personalizzate e meno prevedibili che non necessariamente rispettano la logica dei volumi attesi all’interno di una congiuntura favorevole”.
Alla base di questi rallentamenti di inizio anno ci sono anche 3 rilevanti vettori che hanno condizionato il trimestre: la ripresa del «fuori casa» (il 64% ha mangiato fuori casa almeno una volta), la moda dell’e-food channel (8% ha acquistato cibo a domicilio almeno una volta al mese) e l’apertura verso nuove culture culinarie.
Tra chi ha consumato pasti fuori casa, 14 milioni dichiarano di aver mangiato in ristoranti e locali di cucina etnica tra gennaio e marzo 2018, vale a dire il 42% dei 33,6 milioni che hanno dichiarato di aver mangiato fuori casa almeno una volta nel periodo in analisi. Di questi 14 milioni, il 24% mangia etnico fuori casa con regolarità, più di una volta a settimana (in media 1,6 volte). Rispetto al 2013, gli italiani che hanno aumentato il consumo di ethnic food in locali e ristoranti sono 7,6 milioni, il 28% di chi sceglie anche questo tipo di cibo quando mangia fuori casa. Il 52% ha dichiarato un consumo stabile.
L’8% degli italiani, pari a 4,4 milioni di individui, ha utilizzato i servizi online di food deliveryalmeno una volta. Il dato sale al 22% se si isola il profilo 25-34 anni e scende al 2% relativamente alla fascia “55-64 anni”. L’80% di chi ha utilizzato il servizio, lo ha fatto almeno una volta negli ultimi 3 mesi, con una frequenza media di 0,8 volte al mese. Due milioni di persone (53%) ordinano sul web solo piatti italiani, 630mila individui (18%) solo cibi etnici, 1 milione (29%) sia italiano sia etnico.
A trainare queste tendenze vi è un sostanziale cambiamento dei bisogni dei consumatori che incidono sulle scelte d’acquisto sempre più dettate dalla soddisfazione di un ampio ventaglio di necessità rispetto al passato. L’attenzione al benessere, alle intolleranze e alla responsabilità sociale implicano una crescita importante di prodotti che certificano direttamente sulla confezione la loro peculiarità. Lo dimostra anche la crescita esponenziale dei claim “Senza…” (+2,3%), “Ricco di…” (+8% nel 2017), “Bio” (+14,9%), “Veg” (9,8%), prodotti certificati (CSR- +3,6%), Lifestyle (+10,7%).
Nei Millennials (fino a 34 anni) il claim più recepito è il “cruelty free”, davanti a “bio” e “DOP”. Per quanto riguarda la generazione X (35-49 anni) vince il “bio” davanti al “cruelty free”, tra i baby boomers (50–64 anni) gli indici di penetrazione più elevati sono quelli di “bio” e “dop”, tra i greatest gen (over 65) è superiore quello “dop” mentre il “bio” e il “cruelty free” sono inferiori alla media.