Negli ultimi trent’anni si è passati da un caso di celiachia su 2mila persone a uno su 150. I più colpiti i bambini
Che cosa è il glutine e che cos’è la celiachia? Quanti sono i soggetti colpiti nel mondo? Questi alcuni degli obiettivi che hanno animato gli organizzatori del Convegno Nazionale “Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020”, che si è svolto a Milano, giovedì 6 e venerdì 7 febbraio, all’Università degli Studi di Milano.
I numeri della celiachia parlano da soli: negli ultimi trent’anni si è passati da un caso di celiachia su 2mila persone a uno su 150. Oggi la sua prevalenza si aggira tra lo 0.5 e l’1.5%: i più colpiti sono i bambini tra i 4 e gli 8 anni e gli adulti tra i 25 e i 35 anni.
Le ragioni del cambiamento della celiachia
“Le ragioni per cui, negli ultimi trent’anni, è avvenuto tale cambiamento sono principalmente due – spiega il Dott. Luca Elli – In primis oggi è molto più semplice diagnosticare la celiachia, facendo facilmente emergere il sommerso. Inoltre, secondo punto, esiste una tendenza reale all’aumento di questa patologia autoimmune, dovuto a molteplici cause, molte ancora teoriche. Ad esempio il cambiamento nella coltivazione degli alimenti, molto più intensiva e fertilizzata, lo stile di vita, l’uso di antibiotici anche nell’età pediatrica, il controllo su alcune malattie infettive”.
Dieta gluten free e nuove opzioni terapeutiche
Dalla celiachia non si guarisce ma ci si può convivere bene. Se fino ad ora l’unica terapia disponibile è la dieta libera da glutine, sono in corso ricerche che mirano ad alleggerire il peso di una quotidianità alimentare rigida e con un peso economico rilevante.
Oggi si sta infatti tentando di modificare la risposta immune dei pazienti e di manipolare il glutine assunto. E a breve arriveranno in tal senso sperimentazioni cliniche sull’uomo. Un panorama in continua evoluzione che richiede aggiornamenti attivi, come quelli che offriamo con il convegno.
I nuovi test di monitoraggio
Che l’aderenza alla dieta priva di glutine rappresenti un ostacolo nella gestione della malattia da parte del paziente è ben concepibile. Tant’è che, fino ad oggi, ha rappresentato uno scoglio anche per i clinici. Ora però gli specialisti hanno a disposizione un nuovo strumento.
“Si tratta di un test – conclude il professor Vecchi – che è in grado di dirci il livello di detezione del peptide del glutine nelle urine e nelle feci dei pazienti. E, dunque, ci permette il monitoraggio reale e costante della malattia, apportando laddove necessario le giuste correzioni. Ma anche di scoprire se il paziente ha assunto in modo volontario o meno sostanze proibite. La gestione della patologia passa anche da qui, da quelle azioni di controllo in grado di prevenire danni istologici intestinali”.