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CARNE EQUINA: LUCI E OMBRE

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Il consumo della carne equina fa parte della tradizione alimentare di molte aree geografiche del nostro Paese. Probabilmente tale consumo è da correlare ai tempi passati quando di cavalli, ma anche asini, muli e i bardotti, ne esisteva un’ampia disponibilità anche perché utilizzati come strumenti di lavoro.

Le carni migliori derivano dai puledri, ma anche quelle degli animali anziani trovano utilizzazione sia per il consumo diretto a seguito di cotture prolungate, sia nella preparazione di insaccati.

Non tutti i popoli consumano la carne di cavallo; infatti non rientrano nelle abitudini alimentari dei Paesi anglosassoni e la religione ebraica ne vieta tassativamente il consumo.

 

Esaminandone le caratteristiche nutrizionali, la carne equina ne possiede delle ottime: oltre al valore proteico analogo a quello delle carni di altre specie animali, ha un basso contenuto di grassi  e di colesterolo;  di conseguenza è indicata nei regimi alimentari ipocalorici.

Come le altre carni ha un buon contenuto di vitamine B e soprattutto di ferro che è facilmente biodisponibile per cui è indicata nelle persone che soffrono di anemia e anche per i bambini che per il loro accrescimento hanno bisogno di questo elemento minerale.

Una caratteristica della carne equina è la presenza del glicogeno; questo zucchero contribuisce a renderla dolciastra.

Viene mangiata cruda e cucinata in diversi modi con ricette regionali che riflettono specifiche abitudini alimentari

Un difetto della carne equina è la relativa facile deperibilità; nel passato i cavalli potevano ammalarsi di malattie infettive anche trasmissibili all’uomo, come la trichinellosi; attualmente la situazione e sotto controllo e non ci sono pericoli significativi.

La carne equina in Italia segue canali distributivi separati dalle altre carni attraverso macellerie specializzate. Si stima che ogni anno si macellano circa 30 -35 mila cavalli, ma si tratta di dati approssimativi perché ci sono discordanze tra i dati diffusi dal Ministero della salute e altri Enti.

Un aspetto da non trascurare è l’origine dei cavalli. La maggior parte è di importazione e da Paesi come la Polonia e l’Ungheria. Il trasporto deve avvenire in condizioni da rispettare il benessere degli animali. Anche la  macellazione, sia degli animali “nazionali” sia di quelli di importazione, deve avvenire nel rispetto di procedure che riducano al massimo la sofferenza degli animali. Tutte le fasi debbono essere controllate dai servizi Veterinari.

C’è il problema dei cavalli utilizzati per attività sportive o come animali da affezione nei maneggi e anche per la “pet therapy”. Questi animali, che alle volte sono sottoposti a situazioni di “lavoro” particolari,    necessitano di terapie con farmaci non utilizzati negli equini allevati per la produzione della carne. Nei loro tessuti possono trovarsi dei residui di farmaci non consentiti e che ne proibiscono l’uso alimentare umano. Si tratta di una situazione che riguarda in particolare i cavalli da competizione; per risolvere il problema è stato deciso che le carni di questi animali non debbono essere destinati al consumo alimentare umano.    

In alcuni Paesi la carne di cavallo è prodotta in abbondanza e non sempre trova sbocchi commerciali adeguati. Anni fa qualcuno ebbe l’idea di “smaltire” la carne di cavallo miscelandola con carne bovina  e di destinare tale miscela all’industria alimentare per farne vari prodotti come i tortellini o le lasagne.

Il fatto destò molto scalpore soprattutto nei Paesi in cui la carne di cavallo non è consumata. Si è trattato di una grave frode alimentare con possibili ripercussioni sanitarie. Infatti non si è mai saputo se erano state utilizzate anche le carni degli animali “sportivi” in cui erano presenti residui di farmaci.

Non si possono ignorare le persone che ritengono il cavallo un animale da affezione e che si stanno battendo per proibire l’uso alimentare delle sue carni.

Si tratta però di un problema che non riguarda il valore nutrizionale della carne equina e non si può neanche ignorare che si tratta di un alimento della tradizione alimentare del nostro Paese.