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CANI ABBAIANO GIORNO E NOTTE: LE LAMENTELE DELLA CONDOMINA NON BASTANO PER LA CONDANNA

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Di giorno e di notte i cani di proprietà di una donna – che vive in un condominio – danno il meglio di loro stessi, abbaiando e ululando a tutto spiano. Inevitabile il processo per la padrona dei quadrupedi, accusata di disturbo alla quiete pubblica.

A salvarla, però, è la constatazione che a lamentarsi è stata una sola persona, che ha vissuto per diverso tempo nell’appartamento del piano sottostante.

 

Disturbo. Scenario della vicenda è uno stabile nella zona di Rimini. Lì nasce lo scontro tra due donne: da un lato, la padrona dei cani; dall’altro, la signora che ha vissuto per parecchio tempo nell’appartamento del piano di sotto.

La donna, che si ritiene parte offesa, sostiene che «la propria vita è divenuta insopportabile a causa dell’abbaiare e dell’ululare dei cani, a qualunque ora del giorno e della notte, soprattutto quando essi erano lasciati soli» dalla padrona. A sostegno delle proprie lamentele, poi, chiama anche un’amica, la quale conferma che in occasione di alcune visite «ha sentito il latrare dei cani provenire dall’appartamento sovrastante».

Tutti questi elementi sembrano inchiodare la proprietaria dei cani. E invece, a sorpresa, i Giudici della Cassazione, con sentenza n. 17811/19, fanno cadere ogni accusa, evidenziando, soprattutto, che «non risulta che altri soggetti, diversi dalla persona offesa, siano stati disturbati dall’abbaiare degli animali».
Questo elemento è decisivo, poiché il reato di «disturbo della quiete pubblica» è necessaria «la produzione di rumori idonei ad arrecare fastidio e a turbare le occupazioni e il riposo non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti l’edificio», concludono i magistrati.