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ALTRO CHE ALIMENTAZIONE. LA FAME AVANZA E SENZA AGROECOLOGIA NON C’È GREEN NEW DEAL

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Nella giornata dell’alimentazione, ong e società civile sferzano: si dovrebbe parlare di Giornata mondiale della fame. Senza agroecologia non ci può essere Green New Deal

Sabrina Bergamini

Con 820 milioni di persone che soffrono la fame e 2 miliardi che hanno difficoltà a mangiare, in un contesto in cui dopo anni la situazione sta peggiorando, più che parlare di giornata mondiale dell’alimentazione si dovrebbe celebrare la “Giornata mondiale della Fame”. È la sferzata, neanche tanto provocatoria, arrivata da ong e attori della società civile che ieri si sono riuniti a Roma.

 

C’erano i giovani delegati della Fao insieme alle associazioni italiane, c’erano Terra Nuova e Fairwatch insieme alle reti di contadini e di donne, e c’erano i giovani del Fridays for Future italiani. Tutti hanno chiesto più coerenza al Governo e più iniziative, nella consapevolezza che «nessun Green new deal è possibile senza l’agroecologia». E che non si può parlare solo di produzione agricola ma anche di diritti, riduzione delle disuguaglianze e lotta ai cambiamenti climatici, che devono andare di pari passo.

La fame avanza

Così il 16 ottobre andrebbe ricordato in abbinamento ai dati drammatici della fame. «Il rapporto Fao 2019, infatti, spiega che dopo anni in cui si riduceva il numero delle persone che soffrono la fame, è tornato a crescere – ha detto Paola De Meo, dell’ong Terra Nuova che supporta in Italia la delegazione della società civile nel Meccanismo di co-governo della FAO – Oggi sono 2 miliardi le persone nel mondo che hanno difficoltà nell’alimentarsi, 820 milioni le persone che non sanno se oggi mangeranno, 700 milioni sanno che non avranno per certo cibo per se’ e la propria famiglia, il 20% di queste persone è in Africa. Un sistema alimentare al collasso anche in termini di impatto ambientale visto che il sistema agroalimentare provoca circa il 40% dei cambiamenti climatici in atto spingendoci ben oltre i limiti del pianeta”.

Sostenibilità, agroecologia e clima

Sostenibilità, mercati locali, trasparenza delle filiere, agroecologia e lotta ai cambiamenti climatici sono le richieste messe sul piatto della bilancia da chi lavora con i contadini, con le donne, con le realtà locali.

Ha detto Mamadou Goita, della rete contadina africana Roppa: «Contrariamente a quanto si crede solo tra il 12%-13% della produzione agricola si muove sul mercato globale (essenzialmente mais e soia) e oltre il 63% del cibo prodotto nel mondo viene consumato entro i 100 chilometri da dove viene prodotto. Quindi i mercati locali sono la chiave non solo per combattere le diseguaglianze migliorando il reddito dei produttori, ma anche per rendere le filiere agroalimentari più sostenibili, con delle regole che siano più adatte a queste priorità e non a quelle dell’agribusiness».

Monica Di Sisto, dell’associazione Fairwatch, ha sottolineato «l’incoerenza del Governo italiano che negli ultimi anni ha ridotto di fondi di cooperazione».

E ha speso parole critiche anche nei confronti del nuovo Def in cui, «a parte alcune utili iniziative di semplificazione amministrativa, non ci sono fondi né previsioni di investimento in quella transizione ecologica non rinviabile per il nostro sistema agroalimentare se siamo seri nel voler avviare anche in Italia un Green new deal; non ci sono rimodulazioni dell’Iva per penalizzare l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici dannosi, come pure chiesto dalle organizzazioni ambientaliste come primo passo verso la transizione agroecologica; non c’è traccia di “carbon tax” o rimodulazioni dei flussi commerciali per favorire i prodotti più sani e amici dei diritti umani, del lavoro e dell’ambiente».

Fridays for Future: preoccupati del nostro futuro

All’incontro c’erano anche i giovani del Fridays for Future. Erano in piazza, lo scorso 29 settembre: 200 mila a Roma, 1 milione e mezzo in tutta Italia, circa 8 milioni nel mondo, ha detto Riccardo Nanni, portavoce dei Fridays for Future di Roma.

«Siamo molto preoccupati per il nostro futuro perché fino ad adesso la società umana globale ha avuto una sempre maggiore disconnessione dalla terra tanto che il 29 luglio quest’anno abbiamo consumato tutte le risorse del Pianeta».

Per prepararsi allo sciopero del clima hanno attivato un tavolo di lavoro su cibo e agricoltura che chiede, fra l’altro, di potenziare i canali di distribuzione alternativi al supermercato e di incentivare il consumo di prodotti stagionali, di migliorare l’accesso al mercato dei piccoli produttori e di rendere pienamente tracciabile tutta la filiera agroalimentare, prevedendo norme che costringano grande distribuzione e multinazionali a pagare per eventuali violazioni.

Fra le richieste, ha detto il portavoce dei giovani, anche quella che «vengano bocciati in Parlamento tutti gli accordi di libero scambio portati avanti dalla Commissione Europea come CETA, nuovo TTIP e UE-Mercosur, fino a quando l’agenda commerciale dell’UE non verrà ancorata in maniera vincolante alle convenzioni internazionali su ambiente, lavoro e clima».

Fra l’altro cade proprio in questi giorni (dal 12 al 19 ottobre) la Settimana d’azione europea per un trattato vincolante Onu per le multinazionali, una settimana di mobilitazione contro i trattati di liberalizzazione commerciale, gli arbitrati in essi contenuti e per un Trattato vincolante delle Nazioni Unite sulle società transnazionali e sui diritti umani.